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NDE – Pam Reynolds

Ultimo Aggiornamento: 25/08/2013 11:22
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18/12/2012 15:44
 
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Pam Reynolds (uno pseudonimo) fu una bambina prodigio dotata di straordinario talento nel suonare il violino ed il pianoforte, con un training di virtuoso nel repertorio classico, e una carriera come cantante e arrangiatrice nel mondo della musica. Madre di 3 figli, nel 1991, all'età di 35 anni, Pam dovette sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico per la rimozione di un aneurisma arterioso di grandi dimensioni che la metteva in pericolo di vita. Infatti la rottura dell'aneurisma avrebbe provocato la distruzione del tronco cerebrale e la morte (il suo caso è riportato nel libro di Michael Sabom Light and Death).

Le dimensioni e la posizione dell'aneurisma, tuttavia, ne precludevano la rimozione mediante le consuete tecniche neurochirurgiche. Come estrema risorsa, Pam fu indirizzata ad un istituto di Phoenix, Arizona, nel quale un neurochirurgo utilizzava una particolare procedura d'intervento conosciuta come "arresto cardiaco ipotermico". Questa tecnica permetteva di rimuovere chirurgicamente l'aneurisma senza eccessiva perdita di sangue, e presentava una ragionevole probabilità di successo. L'operazione richiede che la temperatura corporea del paziente sia portata artificialmente a circa 15,5°C mediante un bypass circolatorio, che tanto il battito cardiaco quanto il respiro si interrompano, che l'encefalogramma risulti completamente piatto e che il sangue sia aspirato dal cervello del paziente. Questo accadde a Pam la quale, a tutti gli effetti, fu messa in stato di morte artificiale.

Una volta portata in sala operatoria, a Pam fu somministrata un'anestesia generale, cioè un'anestesia che prevede droghe per mantenere lo stato di sonno profondo, droghe per paralizzare i muscoli e droghe per prevenire la percezione del dolore. Una persona in queste condizioni non può né muoversi, né parlare, né respirare, e per questo viene collegata ad un respiratore artificiale. Durante l'anestesia lo stato mentale della paziente veniva monitorato mediante l'encefalogramma (che doveva risultare piatto) e con la misura della risposta del cervello ad un suono emesso periodicamente da due auricolari infilati nelle orecchie di Pam. Questo sistema (chiamato VEP= Vestibular Evoked Potentials o potenziali evocati) verifica il funzionamento del tronco cerebrale ed è un efficace indicatore della profondità dell'anestesia. In assenza di tali potenziali il tronco risulta inattivo.

La testa di Pam era fissata nella posizione più adatta ed il resto del suo corpo era coperto da teli sterili. Mentre il neurochirurgo iniziava ad operare sulla testa, un chirurgo cardiaco (dott. Murray) iniziava un'altra operazione all'inguine per inserire i tubi del bypass cardiaco nei vasi sanguigni. In questo modo sarebbe stato possibile far passare il sangue di Pam in una macchina che l'avrebbe refrigerato fino alla temperatura desiderata. L'abbassamento di temperatura produsse anche il previsto arresto cardiaco, per cui la circolazione del sangue fu mantenuta dal bypass.

Una volta che il corpo di Pam si fu raffreddato a 15,5°C, la circolazione sanguigna venne arrestata e l'aneurisma venne asportato con successo. A questa temperatura il metabolismo del cuore e del cervello è rallentato a tal punto che la circolazione sanguigna può essere interrotta per circa 45–60 minuti senza che i tessuti vengano danneggiati.
Dopo la rimozione dell'aneurisma, la macchina del bypass cardiaco fu riavviata e la temperatura fu riportata a 37°C. Il battito cardiaco fu riattivato, il bypasss venne rimosso e Pam fu riportata in vita. Durante il periodo di morte artificiale Pam ebbe una NDE. Le sue osservazioni da una posizione fuori dal corpo di molti dettagli dell'operazione si rivelarono in seguito veridiche e molto accurate.
Il caso di Pam viene considerato come una delle prove della veridicità delle osservazioni in stato di NDE per la capacità della paziente di descrivere con efficacia gli specifici ed inusuali strumenti chirurgici e le procedure utilizzate, nonostante il suo cervello si trovasse in anestesia.

Per spiegare in parole povere come viene dichiarata la morte cerebrale, di solito si fa riferimento a tre test clinici. Il primo consiste nel classico encefalogramma (EEG) che misura l'attività delle onde cerebrali. Un EEG "piatto" denota il non funzionamento della corteccia (la parte più esterna del cervello). In secondo luogo, i potenziali evocati in risposta ai segnali prodotti dagli auricolari utilizzati durante l'operazione di Pam, se assenti, indicano totale incoscienza. Infine, la documentazione di mancanza di flusso sanguigno al cervello è indice di una generalizzata assenza di funzioni cerebrali.

Durante l'intervento, il cervello di Pam risultava "morto" per ciascuno dei tre test clinici (l'EEG era piatto, i potenziali evocati erano assenti e non vi era flusso sanguigno nel suo cervello). Eppure Pam ebbe un'intensa e profonda NDE.
Quando tutte le funzioni vitali di Pam furono arrestate, il medico accese la sega chirurgica ed inizio ad incidere il cranio della paziente. Durante questa fase, Pam riferì di essersi sentita "schizzare" fuori dal corpo, fluttuando al di sopra del tavolo chirurgico. Allora poté osservare per qualche tempo il dottore che stava lavorando sul suo corpo senza vita. Dalla sua posizione fuori dal corpo vedeva il chirurgo mentre segava il suo cranio con quello che le sembrava una specie di spazzolino da denti elettrico. Pam udì e riferì più tardi ciò che le infermiere avevano detto in sala operatoria e tutto quello che era accaduto durante l'intervento. Nello stesso momento tutti gli strumenti collegati con il corpo di Pam non registravano tracce di attività cerebrale.

Ad un certo punto la coscienza di Pam cominciò a fluttuare al di fuori della sala operatoria ed a viaggiare attraverso un tunnel in fondo al quale brillava una luce. Al termine del tunnel stavano ad aspettarla i suoi parenti ed amici trapassati, compresa sua nonna già morta da lungo tempo. La NDE di Pam terminò quando un suo zio defunto la ricondusse al suo corpo affinché potesse rientrarvi. Pam riferì che rientrare nel proprio corpo (freddo) le aveva fatto l'effetto di "tuffarsi in una piscina di acqua ghiacciata". Ecco come Pam stessa racconta la sua NDE nel corso di un'intervista. (Tratto da near-death.com).

«La cosa successiva che ricordo era il suono: si trattava di un "re" naturale (nota musicale). Mentre ascoltavo quel suono, sentivo che mi stava tirando fuori dalla sommità della mia testa. Via via che uscivo fuori dal corpo, la tonalità del suono diventava più chiara. Avevo l'impressione che fosse come una strada, una frequenza lungo la quale muoversi… Ricordo di aver osservato diverse cose nella sala operatoria mentre guardavo in basso. Mi sentivo più capace di attenzione consapevole di quanto non lo fossi mai stata in tutta la mia vita… In un certo senso era come se mi fossi seduta sulle spalle del chirurgo. Non avevo una visione di tipo normale: era più brillante, più chiara e più a fuoco rispetto alla visione normale… C'erano tante cose nella sala operatoria che non riuscivo ad identificare, e tante persone.

La forma della punta della sega con la quale venne incisa la calotta cranica di Pam Reynolds.
Le osservazioni della paziente dalla sua posizione fuori dal corpo risultano precise e pertinenti.

Pensai che il modo in cui mi avevano rasato la testa era piuttosto strano. Credevo che mi avrebbero raso a zero tutti i capelli, ma non fu così… Lo strumento per segare il cranio, di cui odiavo il suono, assomigliava ad uno spazzolino da denti elettrico, ed aveva un incavo, una specie di scanalatura sulla punta, laddove la lama sembrava rientrare all'interno del manico, senza che ciò accadesse… La sega aveva inoltre delle lame intercambiabili, ma queste lame stavano in quella che sembrava un astuccio con fori di diiverse dimensioni (per infilarvi le lame)… Sentivo la sega andare più veloce. Non li vedevo usarla sulla mia testa, ma credo di aver sentito che stavano usandola su qualcosa. Emetteva un ronzio ad una frequenza piuttosto alta, e poi improvvisamente partiva: wrrrrrrr… così.


Qualcuno disse qualcosa a proposito del fatto che le mie vene ed arterie erano molto piccole. Mi sembra che fosse una voce femminile, quella della dottoressa Murray (la cardiologa), ma non ne sono sicura. Ricordo di aver pensato che avrei dovuto parlarle di questo particolare… ricordo anche di aver osservato la macchina cuore-polmone. Non mi piaceva la maschera del respiratore… ricordo una quantità di attrezzi e di strumenti che sul momento non fui in grado di riconoscere.
Avevo la sensazione di essere tirata, ma non contro la mia volontà. Andavo avanti di buon grado, perché volevo andare avanti. Uso qualche metafora per cercare di spiegarmi: era come nel Mago di Oz, qualcosa di simile all'essere risucchiati in alto dal vortice di un tornado, ma senza girare intorno e senza provare vertigini di sorta. Mi sentivo molto concentrata perché avevo una meta verso cui andare. La sensazione era quella di salire in un ascensore veramente veloce. E poi c'era un'altra sensazione, che però non era né corporea né fisica: era come essere in un tunnel, ma non era un vero tunnel.

Ad un certo punto all'inizio del vortice del tunnel diventai cosciente del fatto che mia nonna mi stava chiamando. Ma la sentivo chiamarmi non con le mie orecchie… era qualcosa di più chiaro rispetto all'udire con le orecchie. Mi fidavo di quella sensazione più di quanto non mi fidi di ciò che sento con le mie orecchie. La sensazione era che voleva che andassi da lei, così continuai ad avanzare senza timore lungo il condotto. Si trattava di un condotto oscuro, alla cui estremità più lontana c'era un piccolissimo punto di luce che via via diventava più grande e poi ancora più grande. La luce era incredibilmente brillante, come trovarsi al centro di una lampadina. Era così intensa che mi misi le mani davanti al viso aspettandomi di vederle, e invece mi accorsi che non c'erano. Ma sapevo che erano là, anche se non potevo sentirle col tatto. Di nuovo, non riesco a trovare il modo di esprimermi, ma sapevo che le mie mani erano là…

Mi resi conto che mentre cominciavo a distinguere diverse figure nella luce (figure che erano avvolte nella luce, permeate di luce, ed erano esse stesse luce) queste cominciavano a prendere forme che io potevo riconoscere e comprendere. Vidi che una di esse era mia nonna: non so se fosse realtà o proiezione, ma io saprei riconoscere mia nonna, ed il suono della sua voce, sempre ed ovunque. Tutti coloro che vedevo, ripensandoci, corrispondevano perfettamente all'immagine che ne avevo avuto quand'erano, in vita, nella loro forma più smagliante. Ne riconobbi tanti: c'erano mio zio Gene, la pro-prozia Maggie (che in effetti era una cugina), il nonno paterno… Si stavano prendendo cura di me in un modo molto speciale, come se mi custodissero. Non mi permisero di procedere oltre… Mi fu comunicato (non riesco ad esprimermi meglio, dato che non parlavano come facciamo noi) che se entravo completamente nella luce qualcosa di irreversibile sarebbe capitato al mio corpo fisico. Non sarebbero più riusciti a rimettere di nuovo quell'io che ero all'interno del mio corpo: se mi fossi allontanata troppo non sarebbero riusciti a riconnettermi. Perciò non mi avrebbero permesso di andare oltre o fare alcunché.

Io volevo entrare nella luce, ma nello stesso tempo desideravo tornare. Avevo dei figli da curare e da allevare. Era come se vedessi un film a velocità accelerata: si ha un'idea generale di ciò che accade, ma non si riesce a rallentare i fotogrammi in modo da percepire i dettagli. Poi questi miei parenti trapassati cominciarono a nutrirmi. Non lo facevano attraverso al mia bocca, come si fa col cibo, ma in qualche modo venivo nutrita. L'unico modo in cui potrei spiegare la cosa è che mi davano delle scintille. Posso senza dubbio ricordare la sensazione di ricevere nutrimento ed energia e di diventare più forte. Capisco che sembra buffo, dato che ovviamente non si trattava di qualcosa di fisico, ma all'interno dell'esperienza mi sentivo "fisicamente" forte, e pronta a tutto.

Mia nonna non mi ricondusse attraverso il tunnel, né mi rimandò indietro e neppure mi chiese di andarmene. Semplicemente, mi rivolse uno sguardo: pensavo che sarei dovuta andare con lei, ma mi fu comunicato che essa non credeva che fosse necessario. Lo zio mi disse che sarebbe venuto lui. Ed infatti mi riportò indietro attraverso il tunnel: tutto andava bene, anche se non avevo voglia di andar via. Ma quando arrivai all'inizio del tunnel e rividi quella cosa, il mio corpo, non volevo assolutamente rientrarci. Aveva un aspetto orribile, come un treno deragliato. Sembrava proprio ciò che era: morto. Penso che fosse ricoperto da un telo: mi spaventai e non volli più guardarlo.

Mi fu detto che sarebbe stato come tuffarmi in una piscina: nessun problema per me, che so tuffarmi bene. Ma non volevo ed allora, siccome cominciavo ad essere in ritardo (o qualcosa del genere) lo zio mi diede una spinta. Sentii una decisa repulsione e nello stesso tempo fui tirata dal mio corpo: il corpo tirava ed il tunnel spingeva… Fu come tuffarsi in una piscina di acqua ghiacciata… fece male! Quando tornai in me, stavano suonando "Hotel California" ed il verso era: "Puoi lasciare l'albergo ogni volta che vuoi, ma non potrai mai andartene". Accennai in seguito al dottor Brown che queste parole erano davvero sconsolanti, ma lui mi disse che avevo bisogno di dormirci sopra. Quando ripresi conoscenza, avevo ancora il respiratore»
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Franco
[Modificato da francocoladarci 25/08/2013 11:22]

“Quando si vuol cercare la verità su una questione
bisogna cominciare col il dubbio.
(S. Tommaso d’Aquino)”

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