-8 ribelli/Sergio Ramelli-

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n9p
00mercoledì 31 ottobre 2007 16:52
-Sergio Ramelli-

Ribelle perché è stato ucciso per una idea politica!
Ribelle perché nonostante il suo aspetto era di destra!

Da Wikipedia:
L'Omicidio di Sergio Ramelli è stato un omicidio a sfondo politico commesso da un gruppo di militanti di Avanguardia Operaia il 13 marzo 1975 a Milano in Via Amedeo, alle 13.13.
Cenni biografici [modifica]
Sergio Ramelli, (Milano, 8 luglio 1956-29 aprile 1975), diciannovenne all'epoca dei fatti, era uno studente di chimica all' ITIS "Ettore Molinari". Era un militante dell'organizzazione giovanile del MSI Fronte della Gioventù.
Ramelli viveva col padre Mario (47 anni all'epoca dell'omicidio) e la madre Anita Pozzoli (49), gestori di un bar. Aveva un fratello maggiore di un anno, e una sorella di otto anni all'epoca dei fatti.
Problemi scolastici [modifica]
Nell' ITIS "Molinari" di Milano, frequentato da Ramelli, era in atto un clima di forte scontro politico tra militanti dell’estrema sinistra e quelli dell'estrema destra, come all'epoca accadeva in molti istituti scolastici superiori e universitari italiani.
La scuola, concepita e costruita all'inizio degli anni sessanta, aveva una struttura inadeguata e difficilmente controllabile, dove il mantenimento dell'ordine era difficile, e per tale condizione si era guadagnata la fama di luogo "caldo" degli attriti politici tra movimenti giovanili.
Sergio Ramelli, fiduciario del Fronte della Gioventù (organizzazione di carattere neofascista), aveva professato apertamente in diverse occasioni le sue idee politiche, e si era reso partecipe di scontri verbali e fisici tra studenti di opposta fazione durante le assemblee d’istituto. Già prima dell'omicidio era stato coinvolto in altri due atti di violenza.[1]
Secondo un intervista alla madre di Ramelli, il giovane in un tema scolastico avrebbe espresso posizioni personali di condanna delle BR, aggiungendovi il biasimo del mondo politico per via del mancato riconoscimento istituzionale verso i militanti padovani del MSI Mazzola e Giralucci, uccisi in un attentato brigatista. Il tema sarebbe poi stato esposto in una bacheca pubblica, per accusare Ramelli di fascismo. [2]
Ramelli tra la fine del 1974 e l'inizio del 1975 aveva ricevuto minacce telefoniche, tanto che la famiglia ritenne opportuno iscrivere il giovane ad un altro istituto superiore.
Sergio Ramelli e il fratello, anche lui militante del Fronte della Gioventù, sfuggirono fortunosamente ad un’aggressione di una ventina di militanti della sinistra extraparlamentare che avevano circondato il bar in cui si trovavano. [3]
L'aggressione [modifica]
I fatti [modifica]
Al momento dell'aggressione, Ramelli stava ritornando a casa, ed era in procinto di chiudere la catena di sicurezza del proprio motorino dopo averlo parcheggiato in via Paladini, per poi dirigersi a via Amedeo, dove risiedeva.[4]
All'altezza di Via Paladini 15, venne attaccato da un commando di uomini armati di chiavi inglesi e spranghe, subendo danni alla scatola cranica e alle meningi. Una volta caduto dopo i primi colpi, fu ripetutamente colpito dagli aggressori.
Il corpo venne trovato dopo pochi minuti da un commesso calzaturiero: allertò la portinaia del palazzo vicino, Graziella Zacchia, che riconobbe Ramelli e chiese l'intervento della polizia e delle ambulanze.[5]
Fu portato d'urgenza presso l'Ospedale Maggiore di Milano in Via Sforza e, dopo essere stato sottoposto ad un intervento chirurgico ricostruttivo della calotta cranica durato cinque ore, cadde in coma profondo [6].
Intanto, un secondo militante missino, Aldo Maletto, veniva aggredito nei pressi della Università Bocconi riportando lievi ferite.
Ramelli, dopo un primo miglioramento e alcune complicazioni causate da una broncopolmonite, morì dopo 48 giorni di coma il 29 aprile [7].
Le reazioni politiche [modifica]
Il Fronte della Gioventù emise subito un comunicato stampa condannando la banda armata marxista, mentre l'MSI-Destra Nazionale accusò genericamente il banditismo di sinistra. Anche i sindacati emisero comunicati di ferma condanna verso l'aggressione.
Altre ferme condanne arrivarono da tutte le cariche dello stato e dall'arco parlamentare.
Durante la relazione in consiglio comunale, tuttavia, tra il pubblico si levarono applausi in favore dell'aggressione e slogan contro l'MSI. [8]
Su ordine della questura milanese non furono celebrati funerali pubblici, per motivi di ordine pubblico, e la salma fu trasportata su un furgone scortato in chiesa e al cimitero.
Giovanni Leone, allora Presidente della Repubblica in carica, inviò una corona di fiori al funerale di Sergio Ramelli, mentre Giorgio Almirante vi presenziò, unendosi a coloro che trasportavano a spalla la bara di Ramelli dal furgone sino dentro la chiesa.
Le indagini [modifica]
La pista studentesca [modifica]
Le deposizioni dei testimoni portarono a dedurre che l'aggressione era stata compiuta da due persone, di cui una con una sciarpa bianca, entrambe sui 18-20 anni, con il supporto di un gruppo più grande di persone (8 o 10). Il commando aveva agito a piedi ed era fuggito verso via Venezian, in Città Studi.
Un passante, Ernesto De Martini aveva seguito alcuni membri del gruppo per qualche centinaio di metri. Una donna anziana aveva assistito alla scena, ma non fu in grado di dare una versione coerente della vicenda.
Le prime indagini portarono ad ipotizzare che gli esecutori dell'azione fossero studenti dell'Istituto Molinari, che la mattina prima avevano tenuto una manifestazione politica al provveditorato di Milano.
Vennero fermati una decina di giovani, e furono identificati tre studenti che avevano frequentato la stessa classe di Ramelli prima che quest'ultimo fosse espulso nel gennaio precedente per via delle sue attività neofasciste all'interno dell'istituto, quali volantinaggio e affissioni abusive. Oltre a questi fatti, Ramelli venne anche accusato di aver rubato dei motorini. [9][10] [11].
I tre studenti vennero sospettati poiché non erano rientrati dopo la manifestazione.
Come già detto, Ramelli aveva avuto problemi per la sua militanza, fino ad essere stato "condannato" da una assemblea studentesca e all'atto della rinuncia agli studi presso l'istituto anche verso i genitori vi era stato un atto di intolleranza da parte di studenti. Nel quartiere, era noto col soprannome di Fascista.
Ricerche nei gruppi della sinistra extraparlamentare [modifica]
La questura dopo alcuni accertamenti di rito ritenne i fermati estranei ai fatti, e continuò le indagini nell'ambito dei gruppi dell'estrema sinistra attivi nel quartiere di Città Studi, una zona in cui Ramelli era stato visto effettuare affissioni abusive di manifesti del Fronte della Gioventù. [12]
Inoltre, il commando era stato seguito fino alla zona, dove probabilmente il gruppo aveva un supporto o una base.
Le indagini negli ambienti della sinistra più estrema portarono ad una flebile pista, che indicava negli assassini dei membri del collettivo del Casoretto, una piccola e poco rilevante organizzazione locale.
Subito dalle prime indagini, emerse come vi fosse dell'antagonismo tra gli "informatori" della polizia e il gruppo del collettivo, e la pista venne identificata come un vago tentativo di depistaggio.
Alcuni membri del collettivo tuttavia supportarono la tesi, fornendo informazioni imprecise o false. Anche l'alibi del principale indiziato del gruppo, tal Francesco Grasso, apparve agli inquirenti come un alibi di comodo per coprire qualcuno. Due giovani, i fratelli Bellini, furono interrogati, ma non convinsero i giudici: finirono in seguito per rifugiarsi in Bulgaria.
Solo anni dopo, durante l'interrogatorio a Mario Ferrandi e Ciro Paparo, due militanti di gruppi armati transitati per il Casoretto, emerse una ulteriore pista che indicava nel mandante la formazione di Avanguardia Operaia. I due non escludevano vi potesse essere uomini interni al collettivo, ma sostenevano che la matrice ideologica fosse legata ad Avanguardia.
La tesi venne confermata da colloqui con altri esponenti di movimenti minori, ma intanto stavano emergendo le deposizioni dei pentiti di Prima Linea.
Indagini nella destra [modifica]
Contemporaneamente alle indagini sui gruppi filocomunisti, un filone di indagine si addentrò nei rapporti tra i vari gruppi della destra eversiva e dei movimenti neofascisti.
Durante un colloquio informativo con gli inquirenti il 3 novembre 1982, il militante di destra Walter Sordi (già noto alle forze dell'ordine per altri fatti) affermò che l'omicidio sarebbe stato riconducibile ad Andrea Bellini, e che il Bellini stesso avrebbe dovuto essere ucciso da un commando guidato da Gilberto Cavallini, altro noto militante.
Sordi non portò prove a sostegno della tesi, che venne giudicata irrealistica ed abbandonata.
Il covo di viale Bligny [modifica]
Le indagini rimasero quiescenti finché non vennero prese in carico dai giudici istruttori Maurizio Grigo e Guido Salvini.
Intanto, il giudice Guido Viola istruì alcune indagini per appurare le responsabilità di Avanguardia Operaia in altri fatti di violenza.
Nel dicembre 1985, durante le indagini sorte dalle confessioni di tre pentiti legati alla colonna bergamasca di Prima Linea, gli inquirenti rinvennero in un appartamento di Viale Bligny uno schedario contenenti dati di oltre 10.000 persone considerate militanti neofascisti, di organizzazioni rivali o comunque in qualche modo potenziali obiettivi di attentati.
Oltre alle schede complete di descrizioni, abitudini, relazioni e contatti, vennero rinvenute 5.000 fotografie. Insieme a questo materiale, vi erano numerosi documenti relativi alla creazione delle Brigate Rosse nel 1977/1978, e materiale per l'addestramento militare.
Lo schedario, nato nei primi anni settanta ad opera di Avanguardia Operaia e poi passato ad altre organizzazioni (tra cui Democrazia Proletaria), era in possesso di Marco Costa e Giuseppe Ferrari Bravo (cui era intestato l'appartamento), due militanti antifascisti.
I pentiti bergamaschi [modifica]
I tre pentiti erano Sergio Martinelli, Michele Viscardi e Maurizio Lombino. Martinelli in carcere coi due aveva saputo da Lombino che l'omicidio di Ramelli era stato causato da militanti da Avanguardia Operaia, e che una ragazza conosciuta da Lombino e all'epoca studentessa a Milano ne era stata coinvolta: rilasciò una deposizione a metà 1985, rendendo noti i fatti agli inquirenti.
Viscardi confermò la deposizione, e ricordò che la ragazza, nota solo col nome di Brunella, risiedeva in svizzera.
Lombino infine confermò, dichiarando di aver saputo del fatto direttamente da esponenti del movimento e di aver avuto una ulteriore prova dalle parole di una studentessa di biologia con cui aveva una relazione all'epoca dei fatti. Lombino confermò il nome, ma non diede un cognome.
La donna venne identificata in Brunella Colombelli, che dopo essersi laureata era andata a lavorare come ricercatrice universitaria a Ginevra.
La Colombelli a metà del 1985 tuttavia si trovava in Nicaragua per le ferie estive, ed era residente in Svizzera: le due cose rendevano impossibile il fermo e l'interrogatorio della donna.
Le indagini proseguirono all'interno del gruppo che costituiva le fila di Avanguardia Operaia nel 1975: un esponente del movimento, Francesco Cremonese, confermò la struttura dell'organizzazione nell'Università degli Studi di Milano, che vedeva come capi Giovanni Gioele Di Domenico per la facoltà di Agraria, Roberto Grassi a Fisica e Marco Costa a Medicina, tutti sottoposti a Saverio Ferrari che teneva le redini dell'organizzazione.
Cremonese affermò che la squadra di Agraria era quella più attiva, ma che Ramelli era stato aggredito da un nucleo di studenti di Medicina, su ordine dei capi delle altre sezioni che volevano incoraggiare una maggiore partecipazione dell'appena ristrutturato ed ingrandito gruppo della facoltà medica.
I primi arresti [modifica]
Approfittando di un rientro in Italia della Colombelli, Grigo e Salvini ne disposero il fermo il 14 settembre 1985.
Dopo un primo interrogatorio, venne accusata di favoreggiamento e falsa testimonianza, e trattenuta in Italia: in un secondo momento, affermò di aver assistito ad un discorso sul pestaggio del giovane, ma di non avervi partecipato.
Il 16 settembre, dopo una serie di deposizioni della Colombelli, vennero arrestati diversi ex-militanti di Avanguardia Operaia.

Perché Sergio Ramelli è così importante per la destra?
Per un semplicissimo motivo: Era un ragazzo di quasi diciotto anni che è stato barbaramente ucciso sotto casa sua da un commando di estremisti di sinistra… la cosa che lascia sconvolti oltre all’omicidio è che gli aguzzini di Sergio Ramelli non lo conoscevano avevano ricevuto un ordine di pestaggio poiché il gruppo d’aguzzini non avevano ancora messo mano alle chiavi inglesi, in pratica un battesimo del fuoco, purtroppo il pestaggio (da ricordare che negli anni settanta era una specie di routine il pestaggio di antagonisti politici sia a destra che a sinistra!) si è trasformata in un’esecuzione, ho voluto inserire Sergio Ramelli in questi otto ribelli perché nonostante io sia nato un cinque anni dopo la sua morte lo trovo più vicino a me e non perché era di destra ma perché è morto senza mai piegarsi ad un’idea politica dominante tra i giovani ma è stato coerente con il suo pensiero fregandosene di tutti…



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