È scomparso Igor Moiseev, leggenda del balletto russo

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vanni-merlin
00lunedì 5 novembre 2007 23:36
È scomparso Igor Moiseev, leggenda del balletto russo

di Piero Sinatti


Non ha fatto a tempo a varcare la soglia dei 102 anni Igor Moiseev, leggenda della danza russa, o meglio mondiale. E' morto giovedì scorso. In queste ore va a rendere omaggio alla sua salma, composta nella celebre sala "Chaikovskij" di Mosca, una folla di concittadini, prima che venga sepolta – il 7 novembre prossimo - nel cimitero monumentale di Novodevichij, dove riposano tante glorie della Russia e dell'ex-URSS.
Moiseev fondò, settantun anno fa, un complesso di danza unico nel mondo, noto come"balletti Moiseev". Dopo aver studiato coreografia alla scuola prestigiosa del balletto del Teatro Bolshoj (dove entrò sedicenne e si distinse in importanti esecuzioni come danzatore), Moiseev nel 1936 indirizzò a Vjacheslav Molotov, allora braccio destro di Stalin, una lettera in cui proponeva la creazione di un grande complesso di danza in grado di coniugare la tecnica e il rigore del balletto classico con il ricco folklore musicale di un paese straordinariamente multi-etnico quale era l'URSS.
Un'epoca tragica
Erano i tempi in cui iniziava il Grande Terrore staliniano e in cui si formulavano le teorie del "realismo socialista" e in cui la "Pravda", su ordine di Stalin, pubblicò una violenta stroncatura della celebre opera di Dmitrij Shostakovich, "Lady Macbeth del distretto di Mtsensk", intitolando "Confusione al posto della musica": l'opera veniva bollata come "formalista" e "naturalista".
Andava contro la tendenza dominante, quella del "realismo socialista". Probabilmente Molotov, dette il suo assenso al progetto di Moiseev, in quanto vi vide l'incarnazione di quei principi nel settore musicale- coreografico. Lo stesso coreografo confessa: "Fu chiaro che il collettivo da me fondato si adeguava in modo straordinario a quel programma del partito secondo cui l'arte appartiene al popolo e che il popolo crea l'arte". Fu una scelta azzeccata sotto vari punti di vista. Moiseev - nato a Kiev e di origine ebrea - capì che non sarebbe mai divenuto né una stella, né il coreografo del Bolshoj. Tra l'altro, la sua "biografia" (allora fondamentale nel determinare il destino degli individui e delle loro famiglie) rivelava una pericolosissima macchia da tenere nascosta: l'origine borghese. Addestrati al rigore della scuola classica, i danzatori di Moiseev divennero dei veri virtuosi di un genere del tutto nuovo, al tempo stesso popolare (come base) e colto (come esecuzione e risultati). Il suo rapporto con il folklore non fu mai piatta, scolastica imitazione delle danze popolari. Chi scrive (semplice spettatore, appassionato del genere) assistè più volte agli spettacoli di Moiseev, sia nelle tante tournées in Italia, sia in URSS. Ricordo ogni spettacolo come una novità, un cambiamento e un arricchimento continui. Come era successo al grande complesso di danze del Bolshoj, anche "il balletto di Moiseev" diventò una sorta di ambasciatore dell'URSS in Occidente, un formidabile strumento di propaganda. Innegabile l'influenza che il Bolshoj, i balletti di Moiseev, come i concerti dei grandi solisti russi in Occidente, influenzarono favorevolmente una parte di opinione pubblica occidentale. Come del resto accadde per i successi sovietici in campo sportivo. Apparivano – specie all'intelligentsija di sinistra – come una delle più efficaci dimostrazioni della superiorità del "sistema socialista", capace di "produrre" artisti e complessi di tale livello. In questo senso, si può dire che complessi come quello creato da Moiseev furono strumenti del regime. Nelle sue splendide ma idilliache coreografie rurali, si cercava di far rivivere le campagne russe e ucraine. Le stesse che erano state irrimediabilmente travolte e immiserite dalla collettivizzazione degli anni Trenta. Una delle perfomances più apprezzate di Moiseev – ricordo con precisione – erano quelle in cui gli "dzigity" - gli audaci e abili cavalieri del Nord Caucaso erano impersonati da danzatori in ampi mantelli neri che parevano volare sulla scena sostenendosi sulle punte. Eppure, non pochi furono i popoli del Caucaso sottoposti alle tragiche deportazioni degli anni Quaranta. Tuttavia questo niente toglie all'arte di Moiseev resa fantasmagorica anche dalla straordinaria ricchezza e varietà dei costumi di scena. Oggi in Occidente è di moda, nella russofobia imperante, denigrare e stigmatizzare tutto quanto è stato creato nel periodo sovietico, quasi questo fosse un buco nero della storia e della cultura. O fosse solo frutto della propaganda. Non fu solo questo.
Moiseev creò un'alta scuola, di cui fu oltre che coreografo, manager, direttore, autorevole (e autoritario) organizzatore. Tale restò per tutta la sua vita, fino alle soglie della morte. Due anni fa il suo centesimo compleanno fu celebrato al Bolshoj. Un'apoteosi. Le immagini ce lo mostrarono lucidissimo, sorridente, vivo. Ricevette - lui insignito per oltre mezzo secolo dei più prestigiosi premi nazionali ed esteri – le congratulazioni sincere e gli auguri delle più alte personalità russe, a cominciare dal presidente Putin. Mai fu iscritto al PCUS, nonostante più volte lo avessero sollecitato a farlo. Al suo repertorio, con il moltiplicarsi delle tournées all'estero, aggiunse anche coreografie ispirate al floklore di altri popoli. Tra questi, l'italiano: fu dell'Italia un grande amico e estimatore, come lo sanno essere solo i russi. E in alcune occasioni fu capace di tornare alla grande e con spirito innovativo al "classico", come quando negli anni Sessanta allestì il grandioso balletto "Spartak" del compositore armeno Aram Kachaturjan.
Moiseev è sopravvissuto a tutti gli epocali sconvolgimenti del suo Paese, andando oltre la fine dell'URSS e continuando a lavorare (come direttore, anche se non più come coreografo) per quell'arte alla quale ha dedicato la sua vita straordinariamente ricca e longeva.



da: www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2007/11/moiseev.shtml?uuid=73df5232-8a1f-11dc-90f5-00000e251029&DocRulesView=Libero&ar...


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