Così ho capovolto la musica

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vanni-merlin
00lunedì 17 dicembre 2007 16:43
Così ho capovolto la musica



L'eredità del compositore


KARLHEINZ STOCKHAUSEN


Quelli che seguono sono brani tratti dall’ultima intervista rilasciata da Karlheinz Stockhausen ad agosto. È pubblicata su carta e in dvd nel libro Tech Stuff, in uscita a giorni. Stockhausen è morto il 5 dicembre a 79 anni.

Nel 1951, quando iniziai a comporre Kreutzspiel, decisi che ogni nota avrebbe dovuto essere isolata e contenuta, così a ognuna assegnai una durata, un tono, un grado dinamico, una modalità di attacco […]. Questa è stata chiamata «musica puntuale», che significa che non è più musica fatta di melodie, di frammenti di melodie o di accordi, ma una musica di punti. Ogni nota era un punto nel tempo e nello spazio. Dopo di che, è stata sviluppata la cosiddetta musica seriale, non solo per ogni singola nota ma anche per ogni altra caratteristica, il che significa che il ritmo, le melodie, gli accordi, le armonie e i movimenti spaziali, le scale di timbro o di colore, erano organizzate in serie.

Una serie è un insieme di proporzioni, diciamo 12 o 24, come nel mio ultimo lavoro. Per esempio, la mia opera intitolata Licht, che ho composto per 27 anni, è sviluppata da una formula seriale a tre strati. È l’idea che l’universo si sia sviluppato da un unico piccolo atomo. Al giorno d’oggi, lo spazio è tanto importante quanto l’armonia, la melodia, il ritmo, la dinamica, il timbro. È diventato una dimensione a sé stante. Tradizionalmente la musica non si muove: i musicisti suonano stando seduti sul palco, raramente si muovono nello spazio con i loro strumenti, anche se sanno a memoria i loro pezzi. Ciononostante, la posizione di un determinato suono in un determinato spazio è diventata importante quanto tutte le altre caratteristiche di un suono. E questa è una assoluta novità nella storia della musica.

Tecnologia e ricerca
Fino a oggi ho composto circa 360 lavori diversi […]. In ogni mia composizione le attrezzature sono state decisive. Non è come nella musica tradizionale o nella musica vocale, dove gli strumenti esistono già o la tecnica di canto esiste già, e vengono utilizzati tali e quali. Questo è il classico atteggiamento del compositore, ma ogni volta che io compongo un nuovo pezzo, sento che devo riuscire a trovare sorgenti di suono molto speciali, siano esse costituite da strumenti meccanici o elettronici, oppure che devo inventare nuovi apparati che poi devono essere sviluppati insieme ai tecnici. Per cui vanno considerati due aspetti: l’invenzione è immaginazione, ma è anche il risultato del contatto fisico con l’attrezzatura. Nel caso di attrezzatura digitale, il contatto fisico è primitivo, perché sono solo fader. Ma sotto ogni fader c’è un mondo di misteriosi impulsi e di informazioni digitali, che cinguettano. Quindi, la superficie di tali attrezzature può sembrare semplice, ma ciò che è in un tale computer non può essere descritto in termini tradizionali. Non ha una forma speciale, ma una forma di frequenza qualsiasi che io ho deciso di dargli in una data composizione. Penso che mai prima d’ora, nella storia della musica, ci sia stata una relazione tanto diretta tra attrezzature e composizioni.

Il mio posto nella storia
Sono uno dei primi o per alcuni aspetti il primo compositore che si è confrontato, e lo fa tuttora, con nuove scoperte acustiche. Come dare forma ai suoni, come sintetizzare i suoni, come formare i suoni, come proiettare i suoni nello spazio, come scoprire nuovi principi della ritmica, nuove scale di timbro […]. Quello che ho scoperto e quello che ho inventato è legato al momento nella storia in cui improvvisamente tutte queste cose si sono sviluppate o si stavano sviluppando. È come in astronomia: non ha senso chiedere qual è stato il contributo di uno scopritore di nuove leggi e principi astronomici. È nato al momento giusto, ha scoperto molte cose che il genere umano prima non sapeva.

Io ho avuto, finora, lo stesso ruolo e continuerò su questa strada perché credo fermamente che la musica sia parte dell’intero processo di prendere maggiore coscienza di sé. Grazie a essa l’uomo prende una maggiore coscienza del proprio corpo, cosa che adesso fa limitatamente. Posso contribuire allo sviluppo dell’umanità tramite un nuovo modo di ascoltare, di sperimentare, di commuovere, di cambiare con la musica, con la musica d’arte. Questo, penso, è molto più importante di uno stile personale. Io non sto cercando un mio stile. Io sto cercando scoperte, invenzioni, nuove avventure nel modo di lavorare coi suoni.




da: www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/musica/grubrica.asp?ID_blog=37&ID_articolo=730&ID_sezione=62&sezi...
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