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orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 11:55


STORIA VERA DI UN RAGAZZO DIFFICILE
(LETTERE DAL CARCERE)



Quel mattino ero stata a scuola, come ogni giorno.
Al ritorno mi aspettava una sorpresa,
che mi riempì il cuore di commozione, di tenerezza, di ricordi.
Non pensavo più a Corrado,
e nel trovare nella buca una sua lettera mi stupii
e mi affrettai a leggere quanto segue:

3/I/63 Torino

Mi scusi se mi permetto di scriverle. Spero che Lei si ricordi ancora di me. Sono C. e o (trascrivo senza correggere) frequentato nella sua aula la II e la terza elementare. E le assicuro che mai maestra fece cuanto a fatto Lei per me. In questi giorni o avuto modo di vedere la mia cartella clinica, e le assicuro che la sorpresa nel vedere una Sua lettera nella quale Lei mi raccomandava come un bravo ragazzo mi a fatto molto piacere. Purtroppo, che io sia un bravo ragazzo e un p'o' dubbio. Mi creda avrei voluto scriverle prima, ma non sapevo il Suo indirizzo. Poi o pensato di scrivere alla scuola. Sa quando una persona si trova in un posto come il mio, e difficile decidere se scrivere o meno a una persona, non si sa mai se resta gradita. Qui nella mia cella non o nulla da fare, e quasi sempre la mia mente vaga nei ricordi del passato, e molte volte penso alla mia scuola, che vide passare un poco della mia giovinezza. Poi penso a Lei tanto buona e paziente, che si premurava di correggermi, di aiutarmi, ricordo le sue parole di conforto quando ero malinconico, i Suoi dolci e giusti rimproveri, il suo amore per tutti noi. I Suoi dispiaceri quando eravamo cattivi. Lei la mia maestra, il compito da Lei svolto per insegnare e educare i bambini e certamente il più sublime, ma a volte porta anche dispiaceri. Sa Lei era un p'o' come la maestrina della penna rossa del libro Cuore. Mi creda, o passato con Lei in quella scuola, con gli antichi amici, il tempo piu' bello della mia vita. E nel venir via, o lasciato in quella classe, nel primo banco di fronte alla sua cattedra, la meta' del mio Cuore. Tutte queste cose le penso ogni sera, ogni minuto della giornata. Ormai tutto e' passato e, col passar del tempo, il sopraggiungere della mia rovina, il fallimento completo della mia vita. Troppo male o fatto al prossimo per essere ancora perdonato. Ma forse tutto il male non lo fatto io, forse se avessi avuto un affetto una guida e qualche schiaffo, quando occorreva, non starei dove ora mi trovo. Ma invece nessuno a mai pensato a me, e mai anno avuto fiducia. Sempre sono stato considerato un delinquente, un buono a nulla, un ragazzo da strada. Per questa mancanza di affetto e di fiducia, o fatto tutto ciò che o fatto sino ad ora. Mai mi anno dato la possibilità' di rifarmi una vita. Ma forse e' giusto, forse un ragazzo qual sono io non a più il diritto di rifarsi una vita, non sono più degno di vivere in mezzo alla società, perché la società non sa che farsene di me. Forse e giusto che sia cosi', non merito altro. 21 anni ma vissuti male vissuti nel peggiore dei modi. Eppure un tempo non ero cosi' vero? Ma ormai non o più nulla da sperare dalla vita. Rimpiango solo di non essere stato il ragazzo che avrei voluto. Terrò sempre il buon ricordo che o di quando andavo a scuola, di Lei dei suoi sacrifici per fare di noi degli ottimi scolari e degli uomini. E non potrò mai trovare parole adatte per ringraziarla di tutto. Ma per dimostrare che anche io nonostante tutto in fondo o un Cuore, le prometto che tenterò con tutte le mie forze, e a dispetto di chi più non a fiducia in me di mettermi sulla buona strada. Sarà questo il compito, e l'impresa più ardua della mia vita. Ma tenterò. Perché sarà un ringraziamento che le faccio per cio che a fatto per me. E per dimostrare, che per la strada tra tanto fango a volte si può cogliere anche un fiore. Spero che se non altro questa lettera possa dimostrare che C. ricorda sempre la sua maestrina che le a fatto tanto bene.

I più sinceri saluti dal suo ex allievo (Se può mi risponda)

Corrado C.



Durante la lettura non potei trattenere le lacrime.
Mai avevo ricevuto una testimonianza di affetto riconoscente così forte e spontanea.
Non credevo ai miei occhi, e non volevo rendermi conto che quell'indirizzo dietro la busta: C. Vittorio 127, fosse proprio quello delle "Nuove".


Così Corrado era finito in prigione!
Povero bambino: rivedevo ancora il suo volto rotondo, sveglio, con due occhioni neri sempre fissi su di me per sorridermi.

Subito gli risposi:

27-I-63

Carissimo C.,

non puoi immaginare quanto mi abbia fatto piacere la tua lettera e nello stesso tempo quanta pena abbia provato nel sapere dove ti trovi e quanto hai sofferto nella tua vita.

La tua lettera, in data 3/I, mi è giunta solo in questi giorni, poiché non insegno più nella scuola dove ti ho conosciuto e hanno dovuto mandarmela a casa, con un po' di ritardo.

Credi pure che non ti ho mai dimenticato, e rivedo davanti a me, nel primo banco, quel tuo musetto birichino, quegli occhi affettuosi che mi fissavano sempre. Ti sono riconoscente per le parole che mi scrivi, per i sentimenti di riconoscenza che nutri nel tuo cuore e che è così difficile trovare ancora. Vedi che non mi sbagliavo? Sei sempre un bravo ragazzo... nonostante tutto. Lo so che hai fatto del male, che non sempre ti sei comportato bene, ma hai ragione nel dire che non tutto è stato per colpa tua... so molte cose della tua vita, più che tu non creda...però è giusto che tu riconosca anche la tua responsabilità, che tu capisca che avresti potuto e dovuto essere migliore. Io ho fiducia in te, sono convinta che saprai rifarti una vita e la tua volontà decisa a questo riguardo mi da' grande gioia. Non ti sarà facile, ma neppure quando eri piccolo ti era facile essere buono e, nonostante ciò, per farmi piacere, ci riuscivi. Ricordi? Ti parlo come ti parlavo allora... perché per me sei sempre il Corrado di una dozzina d'anni fa!

Se pensi bene a quello che ti dicevo, devi ricordare che ti insegnavo come fosse impossibile mantenersi buoni da soli, come è necessario che Qualcuno ci aiuti: e questo Qualcuno è il Signore, è la Madonna, che ci e' Mamma, che ci vuole tanto bene, più di ogni mamma, che non vuole far altro che venirci in aiuto. Con me La pregavi...lo fai ancora? se in certi momenti ti sei dimenticato di Lei, prova un po' a ricominciare ora, che ci siamo ritrovati.

Ti scriverò ancora, se lo vuoi, ma prima aspetto tue notizie...e quando uscirai sappi che non sarai solo: con me ci sono altre persone, che ti conoscono perché gliene ho loro parlato, e sono pronte ad aiutarti e da te non chiedono altro che buona volontà. Va bene?

Spero di poterti venire a trovare presto - ma tu intanto pensa alla nuova vita che ti aspetta, cerca di rassodare la tua volontà di bene impiegare l'avvenire, senza più sbandamenti né incertezze - deciso a migliorare ad ogni costo...e prega, io pregherò con te e vedrò proprio di aiutarti. Se ti occorre qualcosa fammelo sapere.

Saluti cordiali. La tua maestra


Avevo conosciuto Corrado alla Scuola Medico Pedagogica di Lucento (To), dove ho insegnato dal 1950 al 1955.

Una scuola speciale per anormali del carattere o dell'intelligenza, o piuttosto per ragazzi purtroppo poco graditi nelle scuole così dette "per normali".
Ragazzi a volte solo un po' ritardati, o caratteriali per turbe alimentate da scarsa comprensione nell'ambito familiare e scolastico. Certo, ragazzi che disturbano il tranquillo svolgersi delle lezioni di maestri esigenti di vita ordinata e facile; ragazzi però con un gran bisogno di affetto e di stima.
Fortunatamente le scuole discriminanti sono state abolite e gli insegnanti, magari aiutati da altri "di appoggio", accettano oggi tutti gli elementi più o meno handicappati.
Debbo dire che la Scuola Medico Pedagogica aveva i suoi lati positivi: per il numero limitato di alunni per ogni classe, per l'impostazione dell'orario, per la suddivisione del programma in vari anni, per l'alternarsi, alle ore di lezione, di ore di laboratorio, di canto, di ginnastica ritmica e correttiva con insegnanti specializzati. Però ogni alunno si sentiva emarginato, guardato male dagli amici frequentanti altre scuole.
Iniziai l'insegnamento in quella scuola poiché avevo conseguito un diploma di specializzazione in ortofrenia e didattica differenziale. Ero all'inizio della mia carriera, piena di entusiasmo e di grandi aspirazioni... Il primo impatto fu duro. Mi fu assegnata una classe di caratteriali sui 12-14 anni.
Classe mista, quattordici elementi provenienti dagli ambienti più infimi della società: candidati alla prigione o alla prostituzione.

Mi colpì il primo giorno Carlo, un ragazzino sveglio e pronto che, con un coltellino, tagliò il labbro di un compagno; e poi Bertino, allampanato, che si coricava per terra in modo strano per "fare la foca", oppure costruiva aeroplani di carta, li incendiava e, così accesi, li faceva volare. C'era anche Pierina, piuttosto bruttina che, per un tic nervoso al labbro, pareva imitare una scimmietta. Poi c'era Luigi, premuroso, attivo, che mi spiegava il perché della sua presenza lì dicendomi che il maestro non l'aveva più voluto nella sua classe perché non aveva saputo sopportare le canzonature dei compagni, più piccoli di lui, tanto che un giorno ne picchiò uno: così fu cacciato. Capii subito che per insegnare ci volevano polso e amore. Tanto amore; tutti ne erano assetati e privi.
I fatti del primo giorno che, a dire il vero, un po' mi spaventarono, non si ripeterono più. Subito si instaurò un clima di amicizia fra me e loro, e questo clima migliorò di giorno in giorno.

Avevano bisogno di sentirsi stimati: non era difficile scoprire quel qualcosa di buono che avevano tutti!

E fu così che cercai di vedere in loro, prima che i difetti, le qualità. Assegnai a ciascuno un incarico, valorizzandone le doti. Luigi fu il mio aiutante: aveva un certo ascendente sugli altri perché era buono e comprensivo; fu un capo-fratello davvero valido. Carlo, amante del pallone, guidava la squadra; un altro si curava delle piante poste sul davanzale delle finestre, un altro riordinava i quaderni o cancellava le lavagne: tutti avevano il loro compito specifico e ne erano fieri!
I risultati furono ottimi: finalmente si sentivano valorizzati. Un giorno Carlo mi domandò chi fosse il più bravo. Ricordo che risposi: il primo in studio è C., il primo in condotta è S., il primo nella cura delle piante è B., e così via, in modo che tutti si sentirono i primi della classe.

Certo, non sempre era facile svolgere il programma prefissato: ogni giorno, si può dire, ero costretta a cambiare metodo... e soprattutto dovevo passare molte ore nel conversare a tu per tu con qualcuno per aiutarlo a risolvere grossi problemi: Franca, per esempio, mi diceva che a volte aveva "incubi" per il comportamento di certuni incontrati nelle sale cinematografiche dove si recava da sola. Rita era sconvolta nel raccontarmi, con fatica, di uno zio che aveva abusato di lei. Giovanni alla sera accompagnava il padre in collina e assisteva ai suoi incontri con le prostitute. L'elenco sarebbe molto lungo... poveri bambini!

Un giorno notai che Franca aveva contratto una malattia cutanea. Doveva recarsi all'Ufficio d'Igiene, ma nessuno dei familiari si curava di accompagnarla. Decisi che l'avrei condotta io, ma occorreva andarci al mattino e così avrei dovuto lasciare la classe. Ne parlai agli alunni appellandomi al senso di responsabilità di ciascuno e li invitai a svolgere i compiti che avrei loro assegnato mentre rimanevano soli, in silenzio, buoni, in modo di farmi una sorpresa.
Per prudenza avvertii la direttrice, la quale mi assicurò che sarebbe salita a vederli. Al mio ritorno passai in direzione e provai una gran gioia quando la stessa direttrice mi accolse allegramente e mi disse: "Pensi, signorina, che mi ero dimenticata della sua classe! Quando me ne ricordai era passata più di un'ora e, terrorizzata, corsi sopra. Quale fu la mia sorpresa: erano tutti tranquilli, in silenzio, al lavoro. Fui così meravigliata che sentii il bisogno di portare loro le caramelle!".
Proprio così: con l'amore e la stima si possono ottenere da questi ragazzi cose che forse è difficile ottenere nelle classi "normali".
E come ci tenevano al giudizio degli "altri"! Fu così che il venerdì di Carnevale, nonostante il timore dei superiori, condussi una bella squadra in piazza Vittorio, sulle giostre. Incaricai Luigi di fare da guida: proprio quel Luigi di cui mi era stato detto: "Lui no, per carità... non si fidi!"
Gli alunni delle altre scuole si scalmanavano, uscivano dalle file gridando, facendo sgolare i responsabili, e invece la famigerata squadra della "Pedagogica" si comportò esemplarmente, rispettando l'ordine, la disciplina, l'educazione, tanto da ricevere gli elogi degli organizzatori.
Questo dimostra che molto si può ottenere anche da chi è sempre escluso dal vivere civile, se solo gli si dà fiducia e responsabilità.

Nel 1951 arrivò in questa mia classe ormai affiatata e legata a me, il piccolo Corrado. Insieme ai miei alunni dell'anno precedente, che frequentavano ora la III superiore, me ne vennero aggiunti alcuni della II superiore.
Superiore perché il programma di ogni anno era suddiviso in due corsi: uno inferiore e uno superiore. Anzi la prima si faceva in quattro anni: due di "preparatoria" e poi I inferiore e I superiore. Così in seconda arrivavano bimbi di dieci anni circa. Corrado non aveva frequentato tutti quegli anni di scuola, venne ammesso alla seconda superiore a nove anni perché sveglio e pronto. Era stato mandato in quella scuola perché cleptomane, ma a me non fu detto. Me ne accorsi quando in classe cominciarono a mancare piccoli oggetti: gomme, matite, penne e così via. I compagni se ne lamentavano e accusavano lui dei furti.
Iniziai allora un trattamento psicologico su di loro per farmene dei collaboratori nel mio piano di guarigione.
Approfittai di un momento in cui Corrado era fuori classe per spiegare ai ragazzi che non sempre il furto è compiuto per cattiveria e che è sbagliato tacciare subito di "ladro" l'autore. Rubare può essere la conseguenza di una malattia: e per questo Corrado non era un ladro, ma un ammalato che insieme dovevamo cercare di guarire. Era necessario perciò trattarlo bene, non inveire contro di lui, ma portarlo a restituire il mal tolto subito, senza paura di essere punito. Dovevamo fargli capire che, quando gli era necessaria una cosa che non aveva, doveva chiederla e, insieme, l'avremmo accontentato. Luigi fu il suo "angelo custode". Gli si fece amico, si investì del suo nuovo incarico assunto spontaneamente e non lo lasciò più.
L'ultimo furto fu di due statuine del Presepio. Poi non mancò più niente.
L'avevo messo nel primo banco davanti a me. Era molto attento e imparava abbastanza facilmente. A casa però non faceva mai un compito né studiava. Mi diceva:

"Come posso farlo se abbiamo solo due camere e i miei bisticciano sempre, gridando tutto il giorno?".

Appena ricevuta la mia lettera in risposta alla sua, Corrado mi riscrisse.

Torino 31/I/1963

Gentilissima Signorina, oggi o ricevuto la sua lettera, e vengo a lei con questa mia, per dire a Lei, cose che non o mai rivelato a nessuno, e che volentieri dico a Lei perché sento per lei quel sentimento che non o mai sentito per mia madre, forse a lei può sembrare un paradosso, ma non lo e. Le sono sinceramente affezionato. La mia vita e sempre stata priva di affetto da parte di mia mamma, e di mio padre. Mai una parola di conforto da parte di nessuno. E lei sa cosa mi aspettava quando tornavo a casa dalla scuola, solo rimproveri e bastonate. In tutti questi anni sono andato alla ricerca di una persona che mi dasse un poco di affetto che mi comprendesse, che mi dicesse e mi facesse capire cio' che o appreso nella sua lettera. Mi creda. O trovato in Lei ciò che o cercato per anni con tristezza, con dolore struggente e infinito. Un affetto. Si da bambino la fissavo sempre, mi ricordo. Mi sorprendevo sempre a fare dei confronti, Lei e mia mamma. Mia madre dura con i suoi gridi isterici e i suoi rimproveri quasi volgari. Lei che solo mi guardava e io capivo il suo muto rimprovero e mi odiavo per averla fatta arrabbiare, o sempre sperato da quel lontano tempo, o sempre sperato che Lei mi comprendesse. O vissuto dodici anni, dodici lunghissimi anni di sofferenze. Avrei voluto scriverle, ma non sapevo, o meglio non ricordavo l'indirizzo. Tutte le volte, mi creda, che commettevo qualcosa, vedevo davanti a me il Suo volto, i Suoi occhi e il Suo muto rimprovero. Allora mi accorgevo che mi stavo allontanando da Lei, che le davo del dolore. Che le mie speranze di trovare in Lei un affetto mai provato e mai avuto dalla mamma, si allontanavano sempre più. Allora tentavo di rimediare, ma quando stavo per riuscire, per causa mia e dei genitori tutto finiva in fumo. Ora però sono certo che o trovato in Lei un affetto, ciò che non o mai trovato in nessuna persona. Di questo Le sono grato per tutta la vita. Ma vede, la buona volontà non mi manca, sono pronto a tutto, per diventare come vuole Lei, non le darò una delusione, ne a Lei ne a chi a ancora fiducia in me.

Il compito di mettermi sulla buona strada sarà forse l'impresa più ardua della mia vita. Ma non mi fremerò ai primi ostacoli, per fare contenta Lei, per la prima volta in vita mia incomincerò una cosa e la porterò a termine. So che sarà duro, perché è facile dire di prender la via giusta, quando si esce da una tortuosa, e facile bussare a una porta aperta. Ma e difficile, quando le porte sono ermeticamente chiuse farle aprire, senza sentirsi menomati moralmente. Ma se Lei vuole aiutarmi a forzare queste porte e salire il gradino della speranza ne sarò lieto, non o mai dato la mia parola d'onore, perché non ci sono mai riuscito, ma se Lei crede che un ragazzo come me possa ancora avere onore e meriti di essere aiutato, ebbene io La ringrazio della fiducia che mi dà. Fiducia che nessuno a mai voluto darmi. La prego se puo continui a scrivermi, le sue parole mi fanno tornare come un tempo e mi danno fiducia. Non posso dire di avere una grande salute, forse Lei non lo sa ma quando fui portato in ospedale psichiatrico, dopo un anno subii un'operazione, avevo la pleurite, e mi tolsero il polmone sinistro. Di questo posso ringraziare gli stenti e i maltrattamenti subiti in casa. Ma non voglio male ai miei genitori per questo, perché nonostante tutto, nonostante io sia considerato un delinquente, so perdonare ciò che loro non anno fatto.

Tutti mi credono un delinquente. Ma tante volte in mezzo a tanto fango si puo trovare anche un fiore. Mi scusi se magari l'ho annoiata con questa mia. Ma o detto ciò che avevo in cuore, quel che sento per Lei. Spero Lei voglia rispondermi. Mi sentirò meno solo e l'avrò sempre vicino. Affettuosi saluti

Suo ex allievo

Corrado C.




Non ricordo il perché,
ma non potei rispondere subito a questa seconda lettera così struggente
e solo il 3 marzo gli scrissi brevemente:



3-III-63

Carissimo C.,

i molti impegni mi hanno impedito di restare prima di oggi qualche minuto con te. Grazie anche della seconda lettera e dei tuoi buoni propositi.

Ora vorrei che tu rispondessi alle seguenti domande: Per quanto tempo devi fermarti ancora li'? Potrei venirti a trovare? E in questo caso che cosa potrei portarti che ti fosse gradito e necessario?

Al tuo avvenire penseremo poi, intanto rifletti bene su come pensi di sistemarti e sul lavoro che preferisci fare. Va bene? Non mi trattengo più a lungo perché ho troppi lavori arretrati che mi aspettano, ma ti prometto di rispondere subito alla tua prossima lettera e di venire a farti una visita se lo gradisci.

Va bene? Abbi fiducia, soprattutto in Dio: pregalo anche per me, (ora hai tanto tempo per farlo, no?) ed io ti prometto di pregare per te: come si faceva una volta, vero?

Coraggio! il tempo vola, sei giovane, e l'avvenire ti attende più sereno di quello che tu pensi. Il passato non esiste più. A presto.

V.M.



orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 11:59
Rileggendo oggi questi scritti mi ritornano alla mente tanti episodi di Corrado bambino.

Amava fortemente la sua mamma e biasimava il padre che era un ubriacone, prepotente e fannullone. Sua madre lavorava e si occupava poco di lui. E lui ne soffriva. Aveva tanto bisogno di ricevere e dare affetto. In un tema svolto in classe parlò una volta di un fratellino, che amava molto.
Era figlio unico! Inventò la presenza di un fratellino per il bisogno di esternare l'amore traboccante del suo cuore!

Bastava poco per farlo felice: terminate le lezioni, lo invitavo a casa mia, con altri compagni, per trascorrere qualche ora serena. La mia mamma preparava un po' di merenda, e lui non sapeva come fare per dimostrarle la sua riconoscenza. Qualche volta veniva con me a trovare un bravo sacerdote, che mi sosteneva spiritualmente nel mio compito non certo facile di educatrice, che mi consigliava nella guida di quei ragazzi così provati dalla vita, immersi nello squallore della miseria morale compagna di quella materiale.
Veniva volentieri Corrado, si confessava e parlava dei suoi problemi. Sapeva esprimersi bene, con chiarezza e proprietà di linguaggio. Certamente se avesse avuto un'altra famiglia, avrebbe potuto studiare con profitto. Non so come facesse ad imparare tanto nel breve tempo dedicato allo studio.


Dopo qualche giorno ricevetti un'altra lettera.



Torino,8/3/l963 Gent. ma
O ricevuto la Lettera che Lei mi a mandato. E ne sono rimasto molto lieto. Mi creda, volevo dirle molte cose. Ma tutte le volte che voglio scrivere, il diavolo ci mette la coda, e tutto mi passa di mente, e poi forse perché dai lontani tempi di scuola non o preso un libro e la penna in mano. Ora sono quasi sei mesi che scrivo, qui non vi è altro da fare, e mi è un piacevole passatempo lo scrivere. O scritto sei quaderni. Ci o fatto su una autobiografia. E Dio solo sa quanti errori avrò fatto. Ma non importa, tanto finiro per strappare tutto. Tanto questa autobiografia lo scritta prima con lo scopo di poterla pubblicare, ma poi vi sono troppi errori che non sono in grado di correggere.

A riguardo della mia posizione giuridica eccola. Sono entrato in carcere il 5/8/61. Sono stato condannato a tre anni un mese e dieci giorni di reclusione e mesi sei di casa di cura. O scontato 16 mesi. Me ne rimangono 21, piu i 6 mesi di casa di cura. Pero' ora o chiesto al tribunale l'estratto di sentenza e se e come penso mi dovrebbero togliere almeno 7 mesi. Certo e un poco complicato a fare tutte queste istanze alla procura. Per via della mia ignoranza in materia e il mio poco studio e pratica con la penna. Comincio a mangiarmi i pugni e il fegato per non aver fatto scuole oltre la 3 elementare.

Per ora però mi restano 21 mesi, e la casa di cura.

In quanto al lavoro che vorrei fare, l'elettricista, qui o fatto scuola in questo campo e o preso il diploma, e confesso che per poco non vengo bocciato. Sa a prendere un simile diploma e un p'o' come tornare ai banchi di scuola. Divisioni, moltiplicazioni, e così via. Comunque tutto bene sono riuscito a pigliarlo. Non so però se sarò in grado di svolgere un simile mestiere. Sa per via della fatica. Ora che o un polmone solo non sono più il Corrado di un tempo. Mi da un fastidio terribile specie ora che fa freddo. E quando fa caldo non o quasi più saliva, e respiro male. Comunque non credo che sia un lavoro eccessivamente pesante. E credo di poter salire e scendere le scale di elettricista alte 15 metri senza eccessivo sforzo.

Comunque la mia salute mi importa poco. Tanto per quel che valgo ancora... non e proprio il caso che ci pensi su ormai.

Comunque per ciò che mi resta posso fare qualsiasi mestiere.

Ma l'elettricista posso farlo. potrò cosi' mettere da parte qualche soldo per farmi curare, perché o ancora molte speranze.

In quanto a venirmi a trovare farò io una istanza al Tribunale di Torino per ottenere il permesso.

Quanto alla roba da portarmi non voglio disturbarla più di quanto sta gia facendo. Se puo e che non le sia troppo disturbo gradirei qualche libro anche vecchio, di genere scolastico, o un manuale per impianti elettrici.

Questi li può portare alla porta dicendo a chi li manda in qualsiasi giorno che le e libero. Farò presto a fare l'istanza e nella prossima lettera le scriverò facendole sapere quando può venirmi a trovare. Mi perdoni se scrivo male e poco chiaro, ma da quando son qui mi sono messo a bere un poco, e non sempre o le mani ferme. Sa non sempre sono in grado di sopportare questa mia condanna. E poi son senza aiuti. Mia madre non la vedo da prima che entrassi in carcere, mio padre non si fa vivo che ogni tanto. Avevo la fidanzata, ma Lei mi capisce sono 16 mesi che sono qui e mi a lasciato. Prova evidente che non mi voleva veramente bene, e le lettere che mi mandava, non erano altro che tutte bugie. Ma che vuole, sono ormai abituato a essere preso in giro. D'altra parte non voglio scrivere a mia madre. Se non si ricorda lei di avere un figlio non e certo io che devo ricordarglielo. E poi tra l'altro non potrò mai dimenticare che tra lei e mio padre mi anno rovinato abbastanza. Sono decisamente sfortunato. Ma sono immensamente felice che Lei mi scriva e mi voglia aiutare. Non so come posso ringraziarla, per quanto fa per me. Ma credo che il miglior ringraziamento sia quello di dimostrarle che i Suoi sforzi fatti per aiutarmi sia quello di dimostrare che sarò un ragazzo diligente e buono.

O molto rimpianto i giorni in qui andavo a scuola. Sia sincera, ero un ragazzo migliore, vero? Perché se non ero proprio buono ero migliore di ora. Ma con il suo aiuto tornerò come ero un tempo.

Tutte le domeniche che vado a messa prego per Lei. Perché Dio nella sua infinita saggezza e bonta, conservi sempre a Lei serenità e benessere.

Affinché Lei così buona possa avere sempre felicità. E io Le prometto che sarò un ragazzo esemplare. E le darò molte soddisfazioni. Vorrei ancora scrivere ma o bisogno stendermi un poco perché oggi e per me una giornata faticosa, e mi fa male la parte dove sono stato operato.

Con la speranza di ricevere una sua risposta in merito a cio che le o detto La saluto cordialmente.

Suo ex allievo

Corradino C.



Notai con meraviglia la scioltezza del suo scrivere nonostante la scarsità dei suoi studi e notai pure, con commozione quel "Corradino" a chiusura della lettera. Dimostrava il suo desiderio di tornare piccolo, forse di essere coccolato dal momento che non lo era mai stato.

Non volli fargli aspettare troppo la mia risposta:


17-III-63

Carissimo Corrado,

debbo dirti che il tuo modo di scrivere è tutt'altro che scorretto (salvo qualche errore di ortografia) e ti esprimi anzi in modo piacevole e vivace. Ti prego quindi di non distruggere la tua autobiografia, ma piuttosto, se credi di darmela,... ci penserò io a correggerla e chissà che non riusciamo a pubblicarla se c'è qualcosa di buono!

Non sono ancora riuscita a portarti i libri, ma spero di farlo presto. Ora ho una proposta da farti: avrei la possibilità di iscriverti a un corso di elettronica - radio TV ecc.; presso la scuola Radio Elettra. È un corso per corrispondenza e non è necessaria alcuna cultura. Ti mandano il materiale di studio e i pezzi per costruire radio o altro. Ti permettono di fare questo? Rispondimi al più presto così subito ti farò iscrivere e ti si potrà aprire una strada ad una specializzazione che ti renderà più facile il lavoro.

Ed ora vorrei farti una raccomandazione: non cominciare a bere: se prendi il vizio non te lo togli più, e se hai già poca salute ti rovini del tutto. La tua condanna è pesante, lo capisco, ma il bere non te la diminuisce. Quando uscirai ti aiuterò anche per farti curare da un bravo medico: non fargli trovare un organismo sciupato dal vino... Mi fai questo piacere?

Ho già in vista un posto di lavoro per te: coraggio!

Grazie per la buona volontà che dimostri e per il desiderio di migliorare: dimentica il passato... Ricorda solo i momenti belli, anche tu ne hai avuti.

È vero sai che eri un bravo bambino, forse un po' ribelle con qualcuno,... ma con me eri buono e facevi del tuo meglio per riuscire. I compagni ti volevano bene, specialmente M., lo ricordi? Era un po' il tuo difensore! È venuto a trovarmi una volta: si è fatto un bravo ragazzo e spero, anzi sono certa, tu diventerai migliore di lui, perché hai sofferto molto, e la sofferenza fa capire tante cose e rende più forti.

Attendo tue notizie. Cordialmente

V.M.



Lo stesso giorno di questa mia, mi spediva una cartolina per dirmi ancora del suo costante ricordo e si firmava "la pecora nera".
Il giorno dopo sentì il bisogno di scrivermi nuovamente, senza attendere la mia risposta.


orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 12:02
Torino, 18-III-1963

Mi scusi se torno a scriverle questa mia, prima di avere ricevuto la sua.

Ma proprio non resistevo più. Lei capirà che nel triste luogo che mio malgrado sono costretto a vivere, la mia diventa una battaglia continua contro il tempo, che sembra non passare mai.

Lei certo non può sapere cosa vuol dire attendere con ansia che attanaglia il cuore una lettera che si attende. Di ora in ora, di minuto in minuto l'ansia sale, aumenta così la mia già tanto provata fermezza di riflessi, i miei nervi si tendono sino allo spasimo. Mille pensieri si accavallano l'un l'altro nella mente. E come si venisse a mancare improvvisamente l'aria, che si respira. So che non dovrei disturbarla, che non dovrei neanche permettermi di scriverLe. Ma Lei e l'unica persona che puo darmi un poco di conforto. Che o tanto bisogno. Vede, in carcere col passare del tempo tutti i sentimenti passano, e lasciano il posto a una grande e sconfinata malinconia. Si pensa e si ripensa a cose tristi, non vi e posto per l'allegria, non vi e più posto per nessun sentimento. Un essere umano per la maggior parte dei casi e portato a sopportare la prova più dura della sua vita. Alla sera quando tutti sono in branda a dormire e la luce e spenta, io non dormo, penso. Penso a tutto ciò che e stata la mia vita, a cio che o provato, ai posti che sono stato, al luogo umigliante in cui mi trovo, alla paura di tornare alla vita libera nella societa. Alla paura che il carcere lasci in me un marchio che mi distingue dagli altri, alla paura che la mancanza di fiducia da parte delle persone che troverò nuovamente fuori, mi faccia fallire, alla paura che la società mi respinga.

Mi creda tutte le sere, come un ossessione mi tormentano questi pensieri.

Mi creda, e facile dirsi di prendere la strada retta, quando si ese da una tortuosa, e facile bussare a una porta aperta, ma e difficile, quando le porte sono ermeticamente chiuse farle aprire senza sentirsi, menomati moralmente.

Questi sono i miei pensieri!

Ora si avvicina la bella stagione e la mia carcerazzione si fa sempre più difficile. Mi creda e ancora molto ciò che o da fare, 21 mesi, sembrano pochi, ma sono lunghi. Chi mi aspetterà per tanto tempo? Chi si ricorderà ancora di me? di un povero detenuto? Mi creda, e tanto il mio sconforto, la mia solitudine, la mia pena. Ma forse, e giusto forse merito tutto questo. Dio si e dimenticato di me, non voglio male a nessuno, ma certo la mia famiglia mi a rovinato. Ma me lo merito, mi sono rovinato, ma ormai non si puo purtroppo non si può tornare indiettro. Sarebbe troppo comodo.

Ma se e vero che un Dio esiste vedrà tutto questo e metterà fine a questa mia triste esistenza perché sono stuffo, stanco di lottare, di combattere questo mio destino che mi e stato sempre avverso, ormai non o più la forza di combattere e stanco di sofrire, in fin dei conti che o fatto io per meritare tutto questo? Perché Dio a permesso che io avessi dei genitori come i miei? Perché Dio permette che io viva? Ormai ora non o altro da fare che aspettare un miracolo. Ma quando si avvererà? Ma. Comunque spero e l'unica cosa che mi sia ancora concessa. Mi scusi se con questa mia l'o forse annoiata, e Le chiedo scusa, e mi perdoni. Ma o liberato il cuore e l'anima con questo mio sfogo.

Distinti saluti.

Con affetto.

C.C.

La pecora nera.



Certo che nel rileggere queste parole il cuore è preso da grande commozione. Corrado poteva essere un ragazzo come tutti gli altri, sereno, felice, se avesse avuto una famiglia più accogliente, se fosse stato più valorizzato e amato.
Non consideriamo mai abbastanza quanto sia necessario l'amore ad un bambino: è più necessario certamente del cibo stesso.


Torino, 25/3/63

Gent. ma Signorina.

Sono rimasto molto lieto nel ricevere la Sua tanto attesa lettera. Spero Lei goda di ottima salute. Qui i giorni corrono tutti uguali, senza differenza alcuna. Si avvicina il bel tempo, le piante cominciano a mettere i loro bocciuoli, il sole inonda il carcere con i suoi raggi tiepidi e benefici. Le giornate si allungano. Attraverso le sbarre della mia cella vedo la vita che si svolge lenta e precisa, persone frettolose che rapidamente camminano, macchine che sfrecciano per instrada, bambini che corrono e lanciano gridolini di gioia, gioia di vivere, di essere LIBERI. E questo mi rattrista molto, vorrei tornare bambino, ai tempi di scuola, e come quei bambini, come quelle anime innocenti, correre per prati, e raccogliere fiori. Ma questa non e che un momento di illusione, illusione che presto sparise, e lascia posto alla realtà, una triste realtà.

Mi scusi se o detto questo, ma forse, sono un pochino sentimentale, o un nostalgico. La prego quindi di scusare questa mia stupida divagazzione, forse fuori luogo. Per quanto riguarda il corso di elettrotecnica oggi pomeriggio parlerò con il direttore, e subito dopo Le darò una risposta.

Ma io credo sia possibile. Ora sono rassegnato, per quanto mi riguarda la condanna che o, mi sono battuto con i denti stretti ma era una battaglia persa già in partenza. Il giorno 22 o inoltrato al ministero di grazzia e giustizzia a Roma la domanda di grazzia, appoggiata dal Cappellano "Padre Ruggero", e dal Direttore. Entrambi mi conoscono bene, per via della rappresentazzione data il giorno 6/5/1962 dove in occasione della nuova sala cinematografica, o suonato la fisarmonica, alla presenza di autorita giudizziarie, e Ministeriali. Tutto si e svolto in presa diretta con la T.V. e posso così dire di avere suonato anche per la televisione. Be mi anno fatto i complimenti e mi anno stretto la mano. Spero molto sulla domanda di grazzia, la prassi sarà un po' lunga, ma in due mesi al massimo dovrei avere la risposta. E chissa... certo non e che io mi faccia molte illusioni, ma spero se non altro, che DIO si ricordi anche di me. Ora mi sono stancato della mia antica vita, e non e certo con le promesse che si può incominciare una nuova vita. Ma certo sa che io non o mai promesso invano vero? Anche quando ero bambino e andavo a scuola quando Le facevo una promessa la mantenevo, piuttosto ero disposto a farmi bastonare ma mantenevo le promesse. Mi scusi se scrivo poco bene. Ma o una mano fasciata. Mi sono litigato con due compagni per difenderne un terzo, e Lei capirà che battersi contro due non è impresa semplice, comunque, per un pezzo si ricorderanno di Corrado, non posso sopportare quando ci si accanisce con gente che non si sa difendere. Forse perche un tempo io stesso non sapevo difendermi. Ma ora e ben diverso. Evito sempre con cura di non venire alle mani, ma se per caso ciò e inevitabile, allora mi trovano ben diverso da come mi immaginano. Termino questa mia, con la speranza che tutto finisca presto e di poterLa un giorno venire a trovare, e spero che quando ciò avverrà, avvenga in circostanze per me meno scabrose, e umiglianti. Ma bensì da bravo ragazzo. (Perdoni la macchiolina di sangue ma la mano si e messa a sanguinare)

Cordialmente

Corrado C.

(Scriva presto!!) (Grazzie!!!)



Sentii il dovere di rispondergli subito:


2/IV/63

Caro Corrado,

la tua ultima lettera mi è piaciuta assai più dell'altra in cui ti sentivo avvilito e scoraggiato. Non devi lasciarti vincere da timori esagerati per l'avvenire. Dimentica il passato: una nuova vita ti attende e non sei più solo. Vedrai che se hai buona volontà come dimostri, ti sarà facile riprendere il cammino.

Prima di entrare in carcere con chi abitavi? e dove? Hai intenzione di tornare nuovamente dove eri prima o dovremo cercare una nuova sistemazione? Fammi sapere anche questo e dimmi se puoi fare quel corso di cui ti ho parlato, così provvederò subito all'iscrizione.

Sono lieta che tu sappia suonare la fisarmonica. La musica è una buona medicina, è un vero conforto nei momenti tristi.

Avrei piacere di venirti a trovare, fammi sapere se lo gradisci: se non puoi interessarti tu lo faccio io per combinare un colloquio, magari posso parlare a P.Ruggero, mi conosce.

Anzi salutalo per parte mia, digli che sei stato mio allievo: se non ricorda il mio nome digli che gli ho telefonato tramite Padre Guardiano.

Mi raccomando, ascolta i suoi consigli, sii sereno e vedrai che il Signore ti aiuterà. Lui non si dimentica di noi: siamo piuttosto noi a dimenticarci di Lui!

Se non potrò scriverti ti faccio già ora auguri di santa Pasqua. Sono certa che riceverai la Comunione: prega per me e io ti ricorderò in modo speciale nella mia.

Cordialmente

V.M.




Fino al 2 maggio non scrive più: ha dovuto interessarsi di alcune pratiche relative alla sua posizione carceraria.



Torino, 2/5/1963

Rispondo con un poco di ritardo, alla Sua lettera, e per questo mi scuso. Ma cause di forza maggiore mi anno impedito di scriverle, prima.

O ricevuto l'istanza per il collocquio, ma e stata negativa. La ringrazzio comunque per tutto ciò che sta facendo per me. E per la roba che mi a portato. Ora so che o ancora qualcuno che mi ricorda.

Per quanto riguarda me sto abbastanza bene, o la fortuna di avere due ottimi compagni di cella. Che tra l'altro, uno a più o meno la mia età.

Ora siamo arrivati nella bella stagione e i cancelli del carcere che rinchiudono le nostre persone fisiche, non riescono a trattenere, il flusso dei sentimenti dolcissimi a volte ingenui, e sempre struggenti, che ci porta la primavera.

Sono sicuro che per tutti noi rinchiusi in questo luogo di pena, La bella stagione sia più ardua da sopportare.

Mi creda non si può apprezzare la libertà se prima non si e provata la "galera".

Ma i sentimenti che tutti noi portiamo nel cuore, sono soppressi dalla dura prova che per nostra colpa siamo costretti a sottoporci per scontare il nostro debito verso la società, verso quella società che ci a condannati. Condannati, si perché la legge degli uomini non può tenere conto di ciò che vi è nell'animo di un uomo. Lei sa che non sono mai stato un grande scrittore di lettere, ma spero che questa mia non abbia molti errori.

Spero sempre nell'avvenire, e ogni tanto guardo in celo per cercare la mia buona stella, ma se davvero lo avuta, mi a abbandonato da un pezzo. E stia tranquilla, che o smesso già di bere, non bevo più vino, perché so che mi fa male, per questo stia tranquilla.

Ma non sono proprio sicuro di riuscire a fare del bene, e continuare, a essere un bravo ragazzo, ma tentero, tentero, perché non sono vecchio, sono giovane, e devo, voglio rifarmi una vita.

Spero, Lei voglia continuare a mantenere la corrispondenza, con me, ne saro contento, e avrò almeno una persona che mi ricorda e mi aiuta. Spece

Lei che e stata la mia maestra.

Cordialmente

Corrado C.

Scriva presto.





orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 12:05
Mi manca la risposta mia a questa sua lettera spedita per espresso. Già altre volte aveva usato di questa forma veloce di spedizione, e penso che l'abbia fatto perché desideroso di essere il più frequentemente possibile in comunicazione con qualcuno che, al di fuori del suo ambiente, gli facesse sentire una presenza amica, comprensiva, affettuosa.


Torino, 10/5/63

Gent.ma Sign.na

non so come mai lei non abbia ricevuto il mio espresso. O forse lo a ricevuto nel giorno che mi a spedito la lettera. Però per essere sicuro, eccomi a Lei con la presente.

O ricevuto la roba che mi a mandato. E La ringrazio sinceramente per tutto ciò che sta facendo per me, mi creda, non so come posso trovare le parole necessarie per ringraziarla. In ogni modo sappia che sono ben deciso a rimettermi sulla giusta strada, e che il giorno che io esco, potrò dire che devo a Lei, e a un mio compagno che si chiama Severino, se o trovato la forza necessaria di sopportare la mia lunga e dura detenzione. Appena fuori credo che mi metterò a lavorare con questo mio compagno. E entrambi siamo ben decisi a riscattare le nostre colpe, e a risalire dal gran mare di sporcizzia che eravamo caduti, per poter dimostrare se non altri almeno a noi stessi che non siamo gente perduta ne finita, ma esseri umani, che presi dal grande travaglio e dalla grande miseria e incomprensione, abbiamo acceduto per un istante al nostro dovere di onesti, e rispettosi cittadini. Ma in qualsiasi momento Lei abbia bisogno da me un favore, io sarò sempre disposto a farglielo, perché mai, e poi mai potrò dimenticare, ciò che ora Lei fa per me. E proprio nel dolore che ci si comprende, chi ci e amico. E Lei sta faccendo per me molto, Lei sta faccendo per me, ciò che nessuno al mondo a mai fatto, mi aiuta, mi vuol bene, e io per questo bene, cercherò di fare del mio meglio, affinché la stima che Lei a in me accresca e non debba mai vacillare, affinché Lei possa veramente dire e a cuore aperto, che sono un bravo ragazzo.

Oggi 10/5/63 il mio amico Severino va al processo, spero vivamente che lui esca, che almeno lui possa uscire, che almeno a lui sia concesso quanto a me e stato negato, un poco di comprensione.

Spero che possa uscire, che possa tornare almeno lui con i suoi cari, che possa riabbracciare il papà, la mamma, almeno lui che li a, che li possa abbracciare, e restare per sempre con loro, e dimenticare tutto di questi luoghi di questo triste epilogo della sua vita. E che dimentichi il passato, e che le tornino i giorni lieti.

Mi perdoni se o divagato un pochino, e se oggi non o una ottima calligrafia.

Attendo un suo scritto.

Cordialmente.

Corrado C.

Scriva presto.



Nel periodo in cui avveniva questa corrispondenza mi trovavo molto occupata perché, oltre all'insegnamento, mi dedicavo, con un gruppo di persone volontarie, a soccorrere i casi disperati della città: erano anni difficili per il gran numero di immigrati che venivano da ogni parte d'Italia, specialmente dal Meridione, attratti dalla facilità di trovare qui un lavoro, mentre invece la difficoltà di trovare una sistemazione per la famiglia era enorme.
Bisognava trovare alloggi o pensioni, istituti per collocare bambini, assistenza di ogni tipo. A volte arrivavano famiglie intere con bimbi piccoli poco vestiti, perché al loro paese faceva caldo e qui era inverno...


Povera gente, piena di speranza e sprovvista di tutto.
Inoltre da poco la legge Merlin aveva fatto chiudere le "case" e quelle povere donne non sapevano più dove alloggiare, come vivere : questi erano i casi veramente più disperati: così il nostro Comitato della "Catena della Carità" si vide costretto a risolvere problemi veramente ardui: si ricorse anche all'acquisto di una casetta nei dintorni per ospitare e dare una occupazione a chi desiderava risollevarsi da una vita disgraziata.

Tutto questo mi occupava assai, come è facile capire, perciò non sempre riuscivo a rispondere subito a Corrado, che sapevo sospirava una mia lettera!

Anche questa volta non riuscii a rispondergli che dopo un mese:


Torino, 19/VI/1963

Carissimo Corrado,

mi spiace che ho dovuto tardare tanto a scriverti, ma un po' la scuola che volge al termine, un po' il resto, han fatto passare velocemente il tempo. Però tu, anche se non ricevi subito da me, scrivi ugualmente, mi fa piacere avere tue notizie e ti ricordo assai sovente.

Aspettavo sempre che mi dicessi qualcosa a proposito di quel corso di elettrotecnica: non ti permettono di seguirlo?

E il tuo amico Severino è sempre con te? Come trascorri il tempo? Fammi avere tue notizie e dimmi se ti occorre qualcosa, se debbo farti avere un pacco e che cosa preferisci.

Perché non hanno concesso il colloquio?

Spero che i tuoi progetti per il futuro siano sempre più impregnati di buona volontà e di ferma decisione di riprendere il tempo perduto.

In attesa ti raccomando tanto alla Madonna Consolatrice di cui siamo nella festa e ti auguro che i giorni trascorrano più sereni e veloci.

Ti saluto con affetto

M.V.




Fino al 18 luglio non mi scrive più.
Mi manda solo una cartolina con poche parole:

Novara, 18/7/1963

Non o più scritto perché ero sprovvisto di soldi
ed anche perché ora mi trovo al carcere di Novara.

Affettuosi saluti.

C. Corrado
Piazza dei Martiri 3 - Novara




E a questa notizia inattesa, rispondo:


Torino, 2/VIII/63

Carissimo Corrado,

mi ha sorpresa piuttosto la tua cartolina da Novara. Come mai questo trasferimento? Dovrai fermarti a lungo ancora?
Non so come fare per mandarti qualcosa.
Se ti invio un vaglia puoi usufruirne o c'è un altro sistema per spedire soldi?
Fammelo sapere e vedrò di aiutarti.
Desidero ricevere tue notizie - raccontami tutto ed abbi Fede.
Con gli auguri più sinceri, cordiali saluti.

V.M.



Ed ecco la sua risposta:


Novara, 5/8/1963

Gent. Signorina,

Con vero piacere o letto la Sua tanto attesa lettera. E si, immagino, mi creda, che Lei sia stata molto sorpresa, nel ricevere la mia lettera, anzi cartolina.

Cosa vuole... capitano tutte a me.

Stavo bene a Torino, ma quando il diavolo ci mette la coda, non vi è nulla da fare. Per difendere un compagno che stava litigando o dovuto bisticciare io, sono volati dei pugni, e...non pochi, disgrazzia a voluto che il mio pugno andasse a cadere proprio sull'arcata sopracigliare destra del tipo con cui stavo bisticciando, morale 5 punti e io trasferito a Novara. Mi dispiace solo che le resterà la cicatrice, ma... del resto la voluto lui.

Ora o da dirLe una cosa, che sono certo le farà piacere.28 giorni or sono o fatto una istanza alla procura di Torino, perché mi fosse applicato il condono. In questi giorni o ricevuto la risposta. Mi anno applicato il Condono, un anno, mi anno tolto un anno dalla mia condanna. Ora, al 15 Settembre 1963, cioè tra un mese e 10 giorni, avrei finito, e devo uscire, però o 6 mesi di casa di cura da fare. Ma qua' sta il difficile, ora non so se allo scadere dei 6 mesi i medici mi faranno uscire, perché come Lei sa, non o nessuno che si interessi per farmi uscire, e perciò sarà ben difficile che mi facciano uscire solo, potrebbero anche farmi uscire solo, ma o le mie buone ragioni per dubitarne.

E poi molto probabilmente la casa di cura andrò a farla ad Aversa dopo Napoli. Senza tutto sono, si figuri un poco che bella prospettiva. Ma me lo dovevo immaginare che finiva così. Quando mai me ne' andata bene una? a me? Mai !!! Mi creda sono stanco, o stufo di tutto. Ora che sono arrivato alla fine, ora che quasi tutto e finito, non provo gioia, ma solo una grande e sconfinata stanchezza. E poi anche il morale, solo senza tutto, o un padre e una madre, anche se non mi vengono a trovare, potrebbero almeno di tanto in tanto spedirmi un vaglia, invece, no, sono tre anni che sono qua, e in tre anni sempre chiedere elemosina. Non c'è la faccio più. E ora che magari potrei uscire, NO!! non posso uscire perché nessuno mi viene a prendere, e allo scadere dei 6 mesi di casa di cura, mi allungano la pena di altri 6 mesi e cosi via all infinito. No non o più pace ne volontà in questi anni o visto e subito troppe cose umiglianti. In me vi e una traccia che più non si può cancellare. E umigliante dopo 22 anni di vita (li compio il giorno 8/8/63) di lotte di digiuni, e umigliante capire di aver lottato e sofferto inutilmente. E' umigliante rendermi conto di essere fallito moralmente, e come uomo. Ma dio a voluto così e sia così, ormai per me tutto e finito. Mi rimane Lei, non voglio niente, non chiedo niente. Solo mi voglia un poco di bene, come se Lei fosse la mia mamma, ed io suo figlio. Mi perdoni. Scriva presto.

Corrado C.

(Forse prima del 24 Settembre non vado ad Aversa perché devo fare un appelo a piede libero, a Torino, di la poi partirò per Aversa. Le saprò essere più preciso nella mia prossima lettera).

orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 12:14
Manicomio criminale... Addirittura! E' facile capire il perché se si conoscono alcuni precedenti.
Dopo il periodo trascorso con me, come mio alunno, Corrado fu assegnato ad un'altra insegnante, perché a me era stata affidata una classe che non corrispondeva alla sua promozione. Conoscendo il ragazzo, le sue esigenze, le sue qualità e i suoi difetti, e soprattutto l'ascendente che avevo su di lui, chiesi ai superiori il permesso di tenerlo nella mia classe: dopotutto la richiesta non era assurda, essendo la scuola di tipo "speciale". Il permesso non mi fu accordato e il ragazzo si trovò spaesato, con una maestra anziana, forse già un po' stanca della scuola, con nuovi compagni che non l'amavano e lo trattavano con indifferenza, mentre prima tutti gli erano amici. Quando poteva scappava da me, e si lagnava. Cercavo di convincerlo ad accettare volentieri la situazione, ma le mie parole non erano sufficienti. Così un giorno, mentre era in direzione per uno dei soliti rimproveri, rubò una penna al Direttore sanitario. Fu il colpo di grazia: Corrado era irrecuperabile, fu la sentenza! La maestra propose un collegio, ma non era possibile perché lui lo rifiutava; pensò ad inviarlo sulla nave scuola "Garaventa", una specie di riformatorio, ma qui non erano ammessi ragazzi provenienti dalla nostra scuola. Nella speranza di farlo accettare sulla nave fu proposto di farlo ricoverare in un ospedale psichiatrico e fu mandato a Collegno.

La sua permanenza costì fu di otto anni!

La maestra un giorno mi espresse il desiderio di andarlo a trovare, specialmente per rassicurarsi che il ragazzo non aveva risentimenti nei suoi confronti, e che, quando fosse uscito, non avesse poi, chissà, da correre lei qualche pericolo per una sua vendetta! non conosceva proprio Corrado... Non era un mostro, era solo un povero ragazzo indifeso e senza affetti!

Così un mattino l'accompagnai, e venne anche la mia mamma per dargli un po' di conforto. L'ambiente era veramente choccante: e provai una stretta al cuore pensando a quel bambino costretto a viverci. Come mi vide Corrado mi corse incontro felice, e rivolgendosi alla mia mamma, a cui era molto affezionato, le disse: "Sa, signora, questo reparto, dove mi trovo io, non è proprio manicomio, ma qui mi tengono in osservazione e mi fanno studiare." Sembrava volesse giustificare la sua presenza lì!

Prima di uscire gli domandai se potevo fare qualcosa per lui, qualche regalo, o altro. E lui mi rispose : "Se può mi faccia avere notizie di mia mamma: sono tre mesi che sono qua dentro e non so più niente di lei." "Ma non è mai venuta a trovarti?". "Non si è mai più fatta viva!" Sento ancora oggi, dopo tanti anni, una stretta al cuore al pensiero dell'abbandono a cui era stato condannato da una, che non mi sento di chiamare, madre.

Giunta a casa cercai quella donna e le riversai tutta la mia amarezza e la mia indignazione per il suo comportamento. La trovai indifferente, anzi ostile verso il proprio figlio di cui si diceva stanca, perché troppo simile al padre, che non lo sopportava più e non voleva più sentir parlare di lui. Cercai di indurla a rivedere il suo comportamento, ma non so con quale risultato perché, purtroppo, un po' per la sofferenza che mi procurava il tornare in quell'ambiente (ero molto giovane, e non riuscivo ancora a vincere le mie emozioni...), un po' perché la vita crea difficoltà di tempo disponibile, non ritornai più da Corrado.

Otto anni! otto anni in manicomio per un ragazzo incidono fortemente e, anche se non era pazzo, certo il suo equilibrio psichico fu scosso.

Comunque ecco il perché del manicomio criminale: era un reduce dall'ospedale psichiatrico!

Il 16 agosto C. mi scrive di nuovo:

Novara, 16/8/1963

Gent. ma Signorina.

O ricevuto i soldi, e mi è stato detto che meli a portati Lei. Guardi un poco quanto disturbo le sto dando, ed è venuta fino a Novara.

Mi creda, mi dispiace doverle dare tanto disturbo. Ma è destino, guardi, Lei non crederà. Ma anche 6 anni or sono, quando ero nell'ospedale psichiatrico di Collegno, Lei mi è venuta a trovare, Lei e la Sua cara Mamma. Mi ricordo sa? Guardi, Lei e stata la prima a venirmi a trovare.

Mio papà e mia mamma, non erano venuti. Queste sono cose che un essere umano, con un benché minimo di intelligenza e di cuore non può dimenticare. Guardi, io sono calcolato un seminfermo di mente. Ma ricordo cose che nemmeno Lei e in grado di ricordare. Tutto quello che in me e avvenuto dal giorno che o conosciuto Lei alla scuola Medico Pedagogica sino ad ora non l'ò dimenticato. Nessuno e stato abbandonato in tenera età dai famigliari come lo sono stato io. Ne o sofferto molto, tanto, troppo, ma ciò che più a influito a questa mia situazione e questo: Sono stato portato in manicomio. Cio non è stata un'esperienza efficace. Ciò a rotto, a spezzato in me qualcosa. Non meritavo un manicomio, ma all'età che avevo allora (12 anni) piuttosto un buon colleggio avrebbe risolto tutto. un incubo è stato per me il manicomio, uno sfibrante incubo durato tre anni*, tre lunghi anni nei quali o pregato, pregato tanto, che Dio mi facesse morire.

Ora l'incubo si sta dinuovo avvicinando. Ma in tutto il mio inferno solitario o avuto un barlume di felicità. Lei, Lei è venuta a trovarmi, lei a portato un poco di felicità al mio animo, e al mio spirito. Vede, non so come trovare le parole, non è facile spiegare ciò che si a nel cuore, ciò che si prova verso una persona, a volte si a paura che nel parlare ci si offenda il sentimento e la pace altrui. Ma Le voglio dire questo, che Le voglio bene, Lei è per me ciò che era la mia mamma. Io la considero la mia mammina. Sono certo che ciò non la urti. Si Lei può aspirare a molto, ma molto meglio che a un affetto di un ragazzo senza domani, e senza tutto.

Ma La prego non calpesti questo mio sentimento che o per Lei, perché io vedo in Lei ciò che avrebbe dovuto essere la mia mamma per me, e che purtroppo non e stata. Io spero vivamente di poterla vedere, un giorno, ma quel giorno sarò un onesto cittadino, rispettabile e osservante delle leggi.

E allora quel giorno Lei potrà dire che il suo ex allievo e un essere come tutti gli altri. Tutto ciò che farò nella vita libera, non o nessuno a cui offrirlo, ma a Lei lo offrirò.

Se avrò qualche soldo da mettere da parte Lei me li terrà vero?, proprio come farei con una buona mamma.

Sono certo che Lei mi a capito.

Vedrà, vedrà che il suo C. sa fare anche cose utili, vedrà che non sono poi cattivo come mi anno giudicato.

Spero Lei abbia tempo per rispondermi subito. La ricordo e la penso.

Suo C. Corrado
A presto.



(*) Le date sono diverse... gli anni furono otto, purtroppo!


Rispondo a giro di posta:

To.18/VIII/63

Carissimo C., ancora una volta ho la prova che sei davvero un bravo ragazzo. Le tue parole di riconoscenza per quel poco che ho fatto per te me lo confermano. Anch'io mi ricordo bene quel giorno che sono venuta a trovarti con la mia Mamma, e non l'ho mai dimenticato. Non sono più venuta perché mi faceva troppo pena vederti in quel luogo... Ho avuto tue notizie indirettamente per qualche tempo, avrei voluto farmi viva con te, ma non sapevo come fare. Sei stato l'allievo che più mi è stato a cuore perché ho capito ciò che è avvenuto nel tuo animo infantile, la tua ribellione, prima inconsapevole, ad ogni disciplina per reagire alla delusione provata quando la tua mamma, che tu adoravi, ti ha lasciato. So anche il perché non sei stato messo in collegio e molte altre cose che ti racconterò un giorno. Non devi però, anche se hai sofferto tanto, serbare rancore per nessuno: anche i tuoi genitori hanno agito come hanno saputo e solo il Signore può misurare la colpa di ciascuno. Ora, te l'ho già detto, non sei più solo. Sta tranquillo, cerca di superare questo periodo che ti resta da scontare, il più serenamente possibile, guardando solo all'avvenire e chiudendo gli occhi sul presente. Molte persone, che io conosco bene, stanno preparandoti una strada sicura e serena. Ho già parlato loro di te e sono pronti ad aiutarti. Se permetti ora ti dò un consiglio. Ho conosciuto, a Novara, il cappellano delle carceri che ha un cuore sensibile e paterno. Confidati con lui, aprigli il tuo cuore: sarai più sereno e avrai più forza. Continua a scrivermi liberamente, anche in seguito, e... chiudi gli occhi se puoi, in modo che quando li riaprirai ti troverai in un mondo nuovo, come al risveglio da un brutto sogno. Prega, non dimenticarti di pregare per me: è il più bel regalo che mi puoi fare. Ti ripeto che sei l'allievo che mi è stato più a cuore e per cui ho pregato di più - e le preghiere non vanno perdute, anche se il Signore tarda, a volte, ad esaudirle. Forse è proprio questo l'inizio della tua rinascita. Se conosci una via per evitare la casa di cura, fammelo sapere. Non ti ho mai chiesto per quale colpa ti han condannato. Me lo vuoi dire? Ad ogni modo il passato non ha alcuna importanza. Ciò che conta è l'avvenire e lo vedo molto sereno per te.

Con affetto

la tua maestra

V.M.




Ed ecco il 22 agosto mi riscrive:

Gentilissima Signorina.

Mi a fatto molto piacere la Sua lettera, e anche mi a commosso nel'aver appreso che Lei a capito perché a scuola, come pure ora mi ero ribellato. Vede questo fa parte di me stesso, un segreto che io e Lei solo sappiamo. No, stia certa che non o serbato rancore per nessuno, o perdonato, cosa che però non anno fatto nei miei confronti. Lei vorrebbe sapere per cosa sono stato condannato, anche questo fa parte di me stesso, ed e un mio segreto, segreto che sono lieto di rivelare a Lei, tanto buona e comprensiva. E una storia lunga, ma più che lunga, e una storia sporca. Tutto incominciò nel 1960, quando uscii dal manicomio. Era venuto a prendermi mio padre. Subito mi misi a lavorare, come elettricista, e poi come camionista presso la ditta P...,sita in via... Andava abbastanza bene, ma i soldi che prendevo, se li pigliava mio padre e se ne andava a bere, e io alla domenica non avevo mai nulla. Poi mi fidanzai ufficialmente con una ragazza C. Dolores. Abita nella stessa mia via, io in via...79 e lei al 123 avevo deciso di sposarmi, e mio padre si oppose, ignoro tutt'ora per quale motivo. Arrivò così il tempo delle ferie - e con la fidanzata andai a Capri. Nel fratempo mio padre raccontò alla mia futura suocera che io ero stato in manicomio, cosa che la mia fidanzata sapeva, ma non sua mamma. Morale sua madre mi denunciò che io avevo rapito sua figlia. Io lo seppi leggendo il giornale. Tornai subito a Torino, e fu inutile spiegare alla mamma della fidanzata che io mi volevo sposare, e che ero in grado di mantenere sua figlia. Il carcere mi attendeva. Un incubo dinuovo rinchiuso, e senza motivo, in un baleno mi rivenne in mente il tettro tempo trascorso in manicomio, fuggii e dovetti rubare per vivere, non volevo rubare, ma ne fui costretto, ancora una volta come gia fu in manicomio, non fui creduto, e dovetti scappare diventare un ladro per poter vivere, scappare, fuggire come un animale braccato dal cacciatore, ero stato in manicomio ecco il mio guaio da tutti considerato un reietto, Silvio Pellico disse queste parole: "Andavo senza pane e senza tutto, e senza nome, la mia patria mi intimò: "Va via" anche la mia mamma va! mi disse, ero suprema gioia, ero innocente!..." eccetera. Anche io potrei senza meno dire tutto ciò. Ero stanco di fuggire furono 28 giorni che non scorderò mai più. Mi costituii, sperando di trovare nell'animo umano quella comprensione che sempre mi fu stata negata - speravo di far trionfare la verità, speravo che l'animo umano fosse meno crudele, ancora una volta non fui creduto. Fu un fallimento morale e materiale delle mie idee, dei miei ideali e della mia opinione verso la societa. Verso mio padre e mia madre, verso quelle sacre persone che mi anno messo al mondo. Non o più affetto verso di loro, mi dispiace, non li odio, perché non posso, non sono capace di odiare, ma non li sento più legati a me. 4 anni sono lunghi, spossanti. Li o scontati. Ora sono stanco, ora sono alla fine, ma non vi è contentezza nel mio cuore, ma solo una grande e sconfinata stanchezza e tristezza. Ora Lei sa tutto, ora puo come gli altri odiarmi o compatirmi. Ma una cosa griderò sempre anche in punto di morte: "Non mi anno capito, o pagato ma ingiustamente." Lei che è così in alto, perché in alto io la vedo, come su un altare, giudichi Lei se o avuto colpa o tanta sfortuna. Vede?, ciò che o sofferto non si puo credere. Non o mai conosciuto una persona che mi abbia voluto bene. Solo Lei, e ancora o paura che sia un sogno. Scriva presto.

Saluti

Corrado C.


Dopo la lettura di questa lettera, in cui ancora una volta si rammaricava per i genitori così indifferenti ai suoi problemi e che anzi gliene creavano sempre di nuovi, mi ricordai quanto era forte il suo affetto per loro, specialmente per la mamma, che adorava e idealizzava. Una volta, quando Corrado era, a scuola, nella classe della mia collega, lo incontrai per le scale: scivolava sul mancorrente, con aria sfottente. Lo fermai e cercai di fargli osservare il pericolo che poteva correre scendendo a quel modo. Abbassò gli occhi e mi fece capire che non lo interessava la cosa: per cambiare discorso gli domandai: "Come sta la tua mamma?". Scoppiò in un pianto dirotto, e tra i singhiozzi mi rispose: "Non so più niente di lei. Se ne è andata e mi ha lasciato solo con mio padre". Già, proprio con quel padre che non sapeva far altro che portarlo con sé nelle bettole a bere. Come era possibile confortare il cuore di un bambino a cui era negato l'affetto della persona che gli era più cara?


4/IX/63

Carissimo Corrado,

grazie della cartolina e delle confidenze che mi fai riguardo al tuo passato. Sta tranquillo, tutto quello che è di ieri non esiste più. Hai scontato, e molto, ciò che puoi aver fatto di male e ora tutto è finito. Abbi fiducia. Sei mesi passano presto e la primavera porterà un nuovo sole per te. A proposito, mi hai scritto che il 15 p.v. uscirai dal carcere. Sarai mandato subito ad Aversa oppure ci sarà un periodo intermedio? E poi, tu intendi tornare con tuo padre, o potrai e vorrai ascoltare i miei consigli e affidarti completamente alle persone che con me ti preparano un avvenire sereno?

Ho bisogno di sapere che cosa intendi fare tu per poterti aiutare meglio, cioè quali sono le tue intenzioni riguardo la tua famiglia.

Scrivimi presto e in seguito ti dirò che cosa stiamo preparando per te.

Ti prego di porgere i miei saluti al Cappellano e dimmi se qualche volta gli hai parlato.

Con affetto

V.M.


Unitamente a questa lettera, nella stessa data, scrissi la seguente, indirizzata ad una signora di cui mi aveva appunto parlato il cappellano delle carceri quando andai a fargli visita nel mio passaggio per Novara.


4/IX/63

Gemtil.ma Sig.ra M.,

sono venuta a conoscere la sua meravigliosa opera a favore degli ex carcerati, e ho visto la casa "Divin Redentore" in una rapidissima visita a Novara. Sono anch'io insegnante e ho avuto tra i miei allievi un povero ragazzo che si trova in carcere. Prima era a Torino, ora è a Novara.

A metà settembre termina la sua pena e in seguito, forse il 24, verrà inviato alla casa di cura di Amalfi per sei mesi. I suoi genitori si sono disinteressati di lui fin dai primi anni e non si ricordano neppure di avere un figlio. Se avrò il piacere di incontrarla di persona Le racconterò la pietosa storia di questo ragazzo. Ha tanto affetto per me, in cui vede l'unica persona che gli ha dimostrato di volergli bene.

Mi farebbe piacere potesse venire ospitato nella sua casa fra sei mesi e, se possibile, anche dal 15 al 24 settembre p.v. Mi può dire quali sono le modalità? E c'è speranza di un posto per quel tempo?

Le sono veramente grata se vorrà rispondermi e se potrà venirmi incontro.

La prego di gradire i miei più cordiali saluti.

V.M.

Torino, c............



In data 26/8 C. mi manda una affettuosa cartolina in cui mi dice di pensarmi e volermi bene. La cartolina rappresenta un bel bimbo biondo che spegne le candeline di una torta: forse nostalgia di un'infanzia serena mai conosciuta!

Quindi ricevo la seguente lettera:


Novara, 8/9/1963

Gentilissima Signorina.

Scusi se solo oggi Le rispondo. Ma qua si puo scrivere solo due volte alla settimana, al lunedì e al giovedì. Se Le scrivo di domenica e solo perché domani, lunedì 9/9/63 parto per Torino. E mi anno dato il permesso di scrivere. La ringrazzio per la bella lettera che mi a mandato e per quello che vuol fare per me. Il giorno 24 vado a fare un appello a piede libero, e poi subito dopo al 30 vado alla casa di cura. Per quanto riguarda la mia libertà e il mio avvenire, si sono lieto, anzi commosso per la fiducia che Lei a in me. Però c'è una cosa. Io dalla casa di cura posso uscire solo se qualcuno viene a prendersi la responsabilità per me. Io non o più nessuno al mondo. Mio padre se io le scrivessi verrebbe a prendermi. Ma se io volessi affidarmi completamente a Lei, come o intenzione, bisogna che qualche giorno prima di uscire dalla casa di cura Lei venga a prendersi la responsabilità e cioè che firmi, una carta. Altrimenti se nessuno si piglia la responsabilità io non posso uscire. Io sono lietissimo di uscire con Lei. Ma certo non posso, e non voglio che Lei si prenda la responsabilità di farmi uscire. Lei sta già facendo molto per me. Più di quanto crede. Certo è che con mio padre non voglio uscire, anzi, al momento di uscire mi rifiuto, starò ancora dentro. E crudele, ma non o altra scelta, o stare in manicomio o uscire con mio padre, bisticciare, e tornare a errare, e tutto il resto. Di tutte queste due cose preferisco marcire, e impazzire veramente in un manicomio, tanto per gente come me non puo esserci altro che sofferenza e pena.

Forse non merito più di essere un cittadino, forse e scritto che io non sono degno di rifarmi una vita. Che ci posso fare? sono nato sfortunato. Non solo da oggi mi sono reso conto di essere un fallito, un reietto, un essere insignificante. Non o mai chiesto niente alla vita, niente di più di cosa mi dava. Ed è ben poco, ciò che mi a dato. Non o mai cercato niente, e non o mai chiesto niente se non un poco di tranquillita, e un lavoro. Ma tutto questo mi e sempre stato negato fin dalla tenera età. Quando più o avuto bisogno di affetto, più mi è stato crudelmente negato. Lei è buona, infinitamente buona, ma vuol mentire a me, e a Se stessa, Lei sa che io sono ormai un ragazzo fallito, finito, moralmente e spiritualmente. Tutto ciò che o sofferto, a lasciato in me una traccia profonda. Disprezzato e odiato da tutti, umigliato, nel più profondo dell'animo, fatto entrare in posti e in luoghi, che anno provocato in me una reazzione turbolenta. Anno scatenato nel mio animo il finimondo, un odio irrefrenabile verso chi mi e stato padre, e madre. Ma il perdono a prevalso su tutto. Perché non so odiare, come non so serbare rancore. Ma so di essere finito. Ma come posso rifarmi una vita quando non so come fare per uscire dalla casa di cura? Chi si piglierà la responsabilità? Comunque Le voglio dire una cosa. Se o la fortuna di uscire. sappia che sono ben lieto che Lei mi voglia aiutare. Anzi La prego di farmi sapere cosa a in progetto per me. E se non mi lasciassero uscire dalla casa di cura, sappia che Lei avrà sempre un devoto exs scolaro, che La porta nel cuore e le vuole bene. Sappia che in punto di morte il nome che pronuncerò sarà il Suo. Quando riceverà questa lettera, io sarò a Torino, risponda pure lì, e se puo al più presto. Perché io vivo solo nell'attesa di un suo scritto.

Cordialmente

Corrado C.



In data 12/IX rispondo:

Carissimo C.,

martedì ho ricevuto la tua lettera mentre stavo per partire. Nella fretta, non so perché, ho capito che tu fossi a Torino, libero; così ti ho scritto a casa dandoti appuntamento per stamattina alle 11 al Monte dei Cappuccini dove mi trovavo per altro. Tu non sei venuto, s'intende... e, giunta a casa ho riguardato meglio la tua lettera, ho visto che nell'indirizzo del mittente c'era c. Vittorio, così ho capito... Può darsi che il mio biglietto l'abbia visto tuo padre, sappiti regolare. Ti ho scritto che ti aspettavo lì perché avevo tante cose da dirti, non ho detto chi ero né altro, ho firmato, ma senza indirizzo. Se ti chiederà ragguagli digli pure che mi interesso di te, che sono stata la tua maestra, non ho niente in contrario che lo sappia. Comunque fa ciò che ti pare meglio. Penso che al 15 tu sia libero, come mi hai scritto. Cerca di telefonarmi subito, così ti posso dare un appuntamento da qualche parte per farti conoscere subito qualcuno che può aiutarti e ti vedrò molto volentieri. A voce ti spiegherò i nostri progetti. Se poi rimarrai ancora lì, scrivimelo. Attendo tue notizie. Il mio telefono è 274456 - mi trovi in casa più facilmente dalle 13 alle 14, ma per non fare strada inutile è meglio che mi telefoni. D'accordo? Spero di vederti presto e di parlare a lungo con te.

Stai sereno e non preoccuparti di nulla. A presto

V.M.




La lettera che segue denota un nuovo stato di
ansia
direi quasi di
angoscia
Sempre nuovi problemi si accavallano per
tormentare
questo povero ragazzo.




Torino, 19/9/1963

Gent. Signorina.

Mi scusi se con un poco di ritardo giungo a Lei con la presente. Ma mi trovo sprovvisto di tutto. E poi sono in una situazzione disperata. Deve sapere, che io o finito la mia condanna il 15 di questo mese, ma che però come le o già detto mi restano da fare 6 mesi di casa di cura. Ora o trovato il modo di evitare la casa di cura. Ma non so come fare. Devo fare una istanza alla procura generale di Torino. Ma non so cosa mettere sulla istanza. E o tempo solo fino al 25 e poi mi mandano alla casa di cura ad Aversa. Non o l'avvocato, e non o la possibilità di parlare con un avvocato. Se potessi farlo sarei a posto. O fatto la nomina all'avvocato C...... D......., che si trova in v.S....12. È venuto e mi a detto di fare l'istanza alla procura generale di Torino, ma non sa che io o tempo solo fino al 25. E poi si tratta di pagare. E io non o i soldi. Se sapessi come fare questa istanza non ci sarebbe bisogno dell'avvocato. Si tratta di questo. La casa di cura si puo tramutare in sorveglianza speciale. E cioè invece di fare la casa di cura esco, vado a casa e faccio i 6 mesi di sorveglianza speciale, che comporterebbe, che io tutte le sere alle 8 devo essere a casa. Però e già una gran bella cosa essere a casa. La prego, se le fosse possibile mi dica come posso fare, mi consigli Lei. Sa dopo 4 anni di carcere se posso fare a meno di fare la casa di cura e una gran bella cosa. Sono qua' che friggo come un uovo in padella e non so come fare, se Lei sa come devo fare, o se può farmelo sapere Le sono grato. Ma lo faccia sapere per il 25.

Mi perdoni tutto il disturbo che le sto dando, e tutte le domande che le o fatto. Ma mi trovo in una situazzione unica, e come uno che sta annegando, e a, due pollici dalle sue mani lo scoglio nel quale vi è la salvezza, ma non lo puo raggiungere.

La prego, se sa come posso fare, o come devo fare me lo dica.

La ringrazzio.

Suo devoto

C.C.



E la lettera, che pareva finita, continua ancora pressante in quarta pagina:


Mi perdoni, di tutto sono noioso lo so. Mi perdoni. Ma non so come fare. Se avessi solo la possibilità di avere i soldi per l'avvocato sarei a posto. Sa mi vergogno di essere nato. Sono un poveretto e miserabile. Senza niente, senza tutto, e umigliante essere così, senza aiuti, soli, senza tutto, senza speranze, mi sono rivolto dappertutto. Sono riuscito a racimolare 20.000 lire. Ma me ne mancano ancora 10.000. Se... Dio mio quanto mi vergogno. Senta se può, se conosce qualcuno, Dio mio come faccio? Le restituirò appena fuori. Guardi Lei se può. Io non trovo parole per dirle quanto sono umigliato quanto mi dispiace a chiederle questo. Dio in questo momento vorrei morire, piuttosto di chiedere soldi. Ma la prego, se puo, me lo faccia sapere prima del 25. Mi perdoni, se L'o' offesa, io non so come fare, mi perdoni, mi perdoni, io, io, non so dire altro che mi dispiace. Ma sono certo che Lei mi capisce. Capisca cosa sto passando in questo momento. La prego con tutto il cuore di perdonarmi

Corrado








Non ho la mia risposta a questa struggente lettera, ma certamente qualcosa cercai di fare per aiutarlo, anche se, purtroppo il tempo che potevo avere a disposizione era molto breve.
Per avere notizie di Corrado scrissi pure la seguente lettera:




Egregio Sig. Direttore della Casa di cura e di detenzione di Aversa.

Sono un'insegnante di Torino, membro della "Catena della Carità".
Ho avuto come allievo, in una scuola speciale, il giovane C. Corrado
che è ospite della casa da Lei diretta. Ho tenuto corrispondenza con
lui, durante la sua detenzione al carcere di Torino, ma da quando ho
saputo del suo trasferimento ad Aversa non ho avuto più sue notizie.
Gli ho scritto due volte e inviato un vaglia di L.....

Le sarei grata se volesse farmi avere sue notizie poiché avrei
intenzione, con altre persone, di interessarmi di lui quando sarà
rilasciato in libertà.

Sentitamente ringrazio e porgo distinti saluti.

V.M.



Ed ecco la risposta di Corrado:

1/12/1963

Cara Signorina,

Mi perdoni se solo ora vengo a Lei con la presente per darle mie notizzie. Forse posso esserle sembrato scortese, dal momento che Lei mi a scritto due lettere, e mi a mandato un vaglia senza che io rispondessi. Mi perdoni. Sa o cercato di mettermi in comunicazzione con mio padre, per via della richiesta che lui deve fare per avermi a casa, perche se non o questa richiesta non posso uscire, e dovrebbe mandarmela per il 15/12/1963. Ma finora o scritto gia due lettere, ma non o ricevuto risposta, e sono un poco preoccupato, prima perché, non vorrei fosse ammalato. sa, in casa è solo, e poi anche per me, che sto per finire la misura di sicurezza, e se non o questa richiesta non posso assolutamente uscire. O scritto anche sulla mia ultima mandata a mio padre che si facesse insegnare dall'avvocato, come poteva fare questa richiesta, tutto quello che so io, e che bisogna spedirla per raccomandata, e metterci dentro che si prende la responsabilità per me, e che bisogna indirizzarla alla direzione qua di Aversa. Ma come dico, non sono ancora riuscito a avere una risposta da mio padre. Io non o parole per ringraziarla, per tutto ciò che sta faccendo per me. Io sto bene, e lavoro come elettricista, e un buon posto, e poi mi piace, perché posso svolgere la mia profesione di elettricista, in pratica, e questo mi da grande gioia. Spero che mio padre mi mandi questa richiesta, affinché io possa finalmente uscire, e andare a lavorare. Questo e quello che conta più di tutto per me, cercarmi un buon lavoro. Ora tutto dipende da mio padre, che mi faccia la richiesta, in modo che io possa uscire, e poi appena fuori, subito a lavorare. Lei sa che non è la volonta che mi manca, e ne la capacità. Cara signorina, io spero vivamente di poterla presto rivedere, e ringraziarla come si conviene, e poter parlare con Lei, e scambiare i miei punti di vista, Lei mi a sempre capito, e mi a sempre aiutato. Sa, quasi non la ricordo più di persona, sono passati tanti anni, quasi dodici. E mi pare tanto lontano quel tempo, e passata tutta una vita, si puo dire. E tante cose sono avvenute, ma anche prima, quando non ci scrivevamo.

Io non lo mai dimenticata. Il tempo non aveva cancellato il suo ricordo, che tenevo in cuore. Per chi, e sensibile e riconoscente, non dimentica mai.

Cara Signorina. Spero che tutto finisca per il meglio.

Le porgo i più sinceri saluti.

Con affetto aff.mo

Corrado C.

Scriva presto.


orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 12:20
10/XII/63

Carissimo C.,

finalmente mi è giunta la tua lettera. Mi pare che tu stia abbastanza bene e che sia sereno. Ne sono proprio contenta. Riguardo a tuo padre, se vuoi, posso andare a cercarlo. Altrimenti ti dico che cosa dovresti fare e che a mio avviso è la miglior soluzione per te. Ci ho pensato molto, ho parlato con molte persone, e tutte sono d'accordo con me.

Ho conosciuto il Cav. M., ottima persona, che si interessa di tutti i dimessi dal carcere che lo desiderino. Egli ha messo su una pensioncina per ragazzi usciti dal carcere, ma di buona volontà (come te) e qui hanno possibilità di dormire, mangiare e soprattutto trovare lavoro con molta facilità. Io, con altri, ti consiglio di fare domanda alla Procura della Repubblica per essere accettato all'Assistenziario di v. Asinari di Bernezzo 98 - Torino. Sono stata a vederlo: è bellissimo, pulito, familiare, con un trattamento ottimo. Il posto per te c'è: e l'han promesso, a costo di fartelo. Sono appena una ventina di ragazzi. Ci sono molte comodità e possibilità di essere ben avviati ad un lavoro. Si paga un'inezia e tutto il guadagno si mette a risparmio. Se ascolti me, invece di andare a casa, vai in quel pensionato. Credo che l'accettazione ti garantisca anche l'uscita di lì. Se la cosa ti interessa sarò più precisa in seguito. Rispondimi subito: sono convinta che sarà la tua fortuna.

Domandami pure ciò che ti interessa sapere al riguardo.

Cordialmente

V.M.


Prima di ricevere risposta a questa mia, passa qualche giorno.
Nel frattempo mi spedisce una cartolina con il panorama di Napoli:



desiderio di evasione? Chissà!

E l'8/XII un biglietto di auguri per il Santo Natale:

Che il Santo Natale possa portarle tanta pace e serenità.
Auguri. Corrado.

Finalmente ricevo la seguente:


Aversa, 15/XII/1963

Gent. Mariangela. [E' la prima volta che mi chiama per nome!]

Con molta gioia o ricevuto la Sua lettera, e ancora la ringrazzio di tutto. Sono ben lieto di fare ciò lei mi propone, ma. però e bene che io Le specifichi una cosa. Io per uscire devo avere una richiesta, non è necessario che questa richiesta sia fatta da mio padre, ma puo benissimo farmela una persona che abbia passato la maggiore età Ora. Io sono ben lieto di andare ad abitare presso il cavalier M. Ma se non o chi mi richiede non posso assolutamente uscire. Va fatta una richiesta indirizzata alla direzzione, nella quale si prende la responsabilità per me. Quando la richiesta e fatta, bisogna attendere le informazzioni del caso. Poi la persona che mi a fatto la richiesta dovrà venirmi a prendere. Perciò comprende che vorrei tanto eseguire i suoi consigli. Ma chi mi fa la richiesta? Chi e disposto a fare questo per me? Ora Lei certamente questa richiesta non me la vuole fare. Allora come posso fare? non o altra via d'uscita. O già sentito parlare del luogo ove Lei mi indica. E tutti me ne anno parlato bene. Sarebbe l'ideale per poter riaffrontare la società, e riaccuistare il posto perduto in essa. E vorrei tanto poterci andare. E rifare i primi passi, verso un avvenire più sereno, e sicuro. Mi dia pure spiegazzioni più precise al riguardo di questo istituto, e come devo fare la domanda per esservi ammesso. E dove la devo indirizzare. Sarò ben lieto di potervi andare. Sempre se o la richiesta per poter uscire. Io faccio del mio meglio. In caso se e disposto il cavagliere, o altra persona, a farmi la richiesta. Lei le parli, io appena riceverò la risposta, Le spiegherò più precisamente come si deve fare questa richiesta. Mi rimane da fare esattamente 3 mesi. E la richiesta deve pervenire alla direzzione non prima del 15/1/1964 e non troppo tardi, magari il 17, 18 gennaio.

Con rinnovati auguri di buon Natale.

C.Corrado

Scriva presto.



Le lettere che si alternano in questo ultimo periodo manifestano sempre più l'ansia per la prossima sistemazione, i vari approcci miei con l'istituto - pensionato, con le persone che potranno aiutare Corrado. Certo lui avrebbe desiderato che io intervenissi più direttamente ancora per il suo rilascio. Ma la cosa non era per me così semplice. Anche con tutta la buona volontà non avrei potuto assumermi una responsabilità così grande, e per di più far fronte a tutti gli impegni che mi assillavano.
Certo non abbandonai a se stesso o al padre quel mio povero ex-alunno... Ho trovato, tra l'altro, alcuni appunti per una eventuale domanda alla Procura della Repubblica: era necessario che venisse dichiarato guarito e che si potesse garantire, con una certa sicurezza, una sua tranquilla convivenza con altre persone.



In data 15/1 mi scrive:


Gentilissima Signorina,

Anzitutto mi perdoni se Le scrivo solo ora, ma ero senza soldi. Lei in precedenza mi aveva parlato di andare dal Cavalier M. Io o parlato qui con un dottore, e mi a detto che non e necessario che io faccia una istanza alla procura. Ma che io scriva al cavaliere dicendole di mettersi in comunicazzione con la direzione dell'ospedale qua ad Aversa. Io o scritto al Cavaliere. E le o detto di mettersi in comunicazzione. Non o ancora ricevuto una risposta. La pregherei di farmi sapere con sollecito la decisione del cavaliere, e se si e messo in comunicazione con la direzione di qua. Se veramente le anno detto che sono disposti a prendermi con loro in via Asinari di Bernezzo, è ora che si facciano vivi. Il cavagliere deve scrivere alla mia direzione e mettersi daccordo con il Direttore. E con una certa urgenza perché io al 15 marzo 64 o finito la misura di sicurezza. E ci vuole il suo tempo a mettere a posto tutte le carte. Due mesi fanno presto a passare, e se alla fine non è tutto a posto io non posso uscire.

La prego di farmi sapere al più presto se il Cavagliere a scritto o no al Direttore di qua. E mi tenga al corrente. E il Cavaliere mi scriva come stanno le cose.

La prego vivamente di tenermi informato e di parlare Lei stessa al cavalier M., per sapere la sua decisione.

La prego di rispondermi presto.

Cordiali saluti.

Devot. mo e Obbl.mo

C.Corrado




La calligrafia di quest'ultima lettera era più ferma e sicura, ma le molteplici ripetizioni della sua richiesta denotavano l'ansia e la paura di non riuscire ad uscire da quella bolgia!


19/I/64

Carissimo Corrado,

ti chiedo scusa se non ho potuto scriverti prima, ma attendevo una risposta ad un mio scritto dal Direttore della casa di cura in cui ti trovi. Gli avevo infatti chiesto, a nome del Cav. M., una dichiarazione che non ho ancora ricevuto. Appena avuta la tua lettera ho telefonato al Cavaliere, il quale mi assicura di aver già risposto al tuo desiderio scrivendo subito al tuo Direttore. Ora dipende solo da lui. Sta tranquillo, vedrai che tutto andrà bene e ricomincerà per te una nuova vita.

Chiedo al Signore che ti dia tanta salute e tanta forza di volontà per riprendere il cammino interrotto, e conta sempre sul mio aiuto. Ossequi al tuo Direttore.

Cordialmente

V.M.




Continua questa fitta corrispondenza per l'ultimo periodo di detenzione, mentre si intensificano i contatti con le persone che devono aiutare Corrado. Ricevo da lui:

Aversa, 26/1/64

Gent. Mariangela.

Con molto piacere, o ricevuto la sua tanto attesa lettera. Sono felice nel sapere che Lei e il cavalier M. abbiate scritto alla direzzione. Mi resta poco per uscire, al 15/3/1964 o finito la pena. E sono immensamente felice di andare nell'assistenziario di via Asinari di Bernezzo. E puo stare certa che non avrà a pentirsene di avermi aiutato, non le farò fare brutta figura, sarò un ragazzo esemplare. Non chiedo altro che un buon lavoro, e tranquillità. Per il resto stia pure tranquilla che conosco il mio lavoro come elettricista, lo so svolgere perfettamente, e poi e un lavoro che mi piace, e mi appassiona.

Io non potrò mai ringraziarla come vorrei, ne so trovare le parole, per esprimerle la mia gratitudine. Ma sono certo che Lei mi comprende. Ricomincerò tutto da capo, come se nulla fosse accaduto a turbare la tranquillità della mia famiglia. Io avevo sbagliato, ed e stato giusto che pagassi. Ma ora sono ben deciso a non più sbagliare, e riconquistare la fiducia persa, e rifarmi una onesta vita nella societa. E su questo non vi possono essere dubbi. Io non posso far niente di ciò che vorrei fare per Lei, ma se questo Le puo fare piacere (come ne sono certo) Le ofro a lei la mia buona condotta e la mia nuova entrata nella vita normale. Questo posso fare, e le giuro che non lascierò mai più' la retta via. Vorrei tanto poterla vedere, mi creda. Quasi non la ricordo più, quando leggo le sue lettere guardo e scruto, la sua scrittura quasi che da essa possa scaturire il suo volto, la sua immagine, e sciocco vero? Ma e la verità. Lei non può immaginare quanto desiderio o di vederla. So che Lei a sempre cercato di aiutarmi. E nei momenti più difficili della mia vita, nei momenti in cui mi sentivo solo e abbandonato. Lei non mi a mai abbandonato, a sempre avuto una sua letterina di conforto. Ora forse potrà capire il mio grande desiderio di vederla. Ma spero che presto tutto finisca, e allora potrò finalmente rivederla. A dimenticavo. La prego di dire al cavalier M. che bisogna che si faccia dire dalla direzzione di qua come deve fare per farmi uscire, perché se non o qualcuno che mi prenda non posso uscire. Appena riceverà una risposta dalla mia direzione me lo faccia sapere. E in caso scriva ancora o dica al cavalier M. di scrivermi lui per farmi sapere qualcosa. E mi faccia sapere cosa avete scrito alla mia direzione.

La prego di scrivermi presto.

Mi scusi di tutto.

Suo aff.mo

C.Corrado




Qualche giorno dopo ricevo un espresso. Corrado, quando vedeva che ritardavo nel rispondere, usava questo sistema per accelerare la mia risposta...

Aversa 3/2/64

Gent. Sign.na Mariangela.

Vengo a Lei con queste poche righe per avere sue notizzie. Io sto bene come spero in Lei Anzi o già scritto una lettera precedentemente a questa, e ancora non o avuto risposta, spero che il ritardo sia dovuto a causa che Lei a poco tempo, e non a malattia. La prego di scrivermi subito e farmi sapere come vanno le cose al riguardo della mia liberazzione, attendo sempre con ansia il giorno della mia liberazzione. Per potere finalmente rifarmi una vita.

Ancora una volta la ringrazzio di tutto ciò che sta facendo per me.

Telefoni al cavalier M. e le dica di scrivermi per farmi sapere qualcosa.

Ringrazio e ossequio.

Devotissimo e obbligatissimo

C.Corrado



10/2/64

Carissimo C.,

ho ricevuto le tue lettere e ti chiedo scusa se non ti ho scritto prima, ma proprio non mi è stato possibile. I giorni che ti separano dalla liberazione sono ormai pochissimi e una nuova vita ti aspetta. Come ora saprai già la tua Direzione ha dato parere favorevole per la tua accettazione all'Assistenziario e il Cav. M. ha già risposto a questo parere favorevole chiedendo che tu venissi mandato subito (alla tua liberazione) da lui per fare la domanda, ma sarai accolto subito, non dovrai andare a casa neppure un giorno. Sei contento? Vedrai che tutto andrà bene e che la vita ritornerà a sorriderti. Avrai il tuo lavoro e tutto ricomincerà da capo. Ho molta fiducia in te. So che manterrai le promesse e prego il Signore che ti aiuti a farlo.

In attesa ti saluto cordialmente.

V.M.



In data 18/2 ricevo:

Aversa [senza data]

Gent. Signorina Mariangela

O ricevuto la sua tanto attesa lettera, e non trovo parole per farle comprendere quanta sia la mia gioia nel sapere che potrò essere ammesso all'assistenziario. Finalmente potro veramente ricominciare da capo. Sono lieto che appena fuori o già il posto di lavoro, mi creda, non vedo lora di ricominciare a lavorare. Avere un buon lavoro e un posto sicuro come l'assistenziario era più di quanto osassi sperare, non chiedo di meglio che poter lavorare e stare tranquillo. Mi pare di averne bisogno, più di ogni altra cosa al mondo. Per me la vita ricomincia, o meglio incomincia solo ora.

Ringrazzi tanto da parte mia il cavalier M. e tutti quelli che si sono interessati di me e mi anno dato tanta fiducia. E dica loro che ne sarò riconoscente per tutta la vita.

Ormai sono pochi giorni ad arrivare al 15 marzo, e poi se il buon Dio vorrà potrò finalmente tornare nella vita libera. Mi scriva presto.

Con profondo Affetto e riconoscenza.

Ossecqui

C.Corrado




Ed ecco l'ultima lettera che ho ricevuto da Corrado:


Aversa 11/3/64

Gent.ma Sig.na Mariangela.

Non so come mai. Non a ancora risposto alla mia lettera. Spero che non Le sia successo nulla di spiacevole.

Spero di essere fuori per Pasqua. In modo che possa prendere subito il posto di lavoro. La prego di scusarmi di tutto il disturbo che le o arrecato, spero di poterla ringrazziare di tutto non appena fuori, finalmente dopo tanti anni potrò finalmente rivederla.

La prego di perdonarmi, ma Le vorrei ancora chiedere un favore, un grande favore. Sto per uscire, e mi manca un poco di indumenti.

Se vuole per favore mandarmi qualcosa, affinché io mi possa comprare qualcosa. La prego di scusarmi. Questa richiesta di soldi, e mi creda, non avrei voluto. Ma purtroppo, mi trovo sprovvisto di mezzi.

Ancora mi scusi.

Cordiali saluti.

C.Corrado



orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 12:21
E così questa lettera chiude il carteggio durato più di un anno con questo sfortunato mio ex alunno.

Poche sono state le lettere in cui mi ha richiesto un aiuto materiale: le sue erano piuttosto richieste di conforto, di comprensione, di affetto. I suoi scritti denotano sentimenti che è raro trovare nei giovani, specialmente oggi. Espressioni forti di illimitata riconoscenza, di devozione rispettosa, di grandi aspirazioni per una vita migliore, impostata diversamente che per il passato. Nessun risentimento particolare verso chi purtroppo gli aveva fatto tanto male, sia nella famiglia che nella scuola.

Non ho molti ricordi di lui nel suo periodo posteriore, dopo il ritorno a Torino. Nonostante tutti i passi fatti per il suo inserimento nel pensionato di via Asinari di Bernezzo, convalidati dal suo fermo desiderio di farne parte, non so come né perché tutto andò a monte. Infatti ebbi un incontro con lui alla stazione di Porta Nuova, secondo un nostro precedente accordo, e vi presenziò con suo padre che non avevo mai conosciuto prima.

Ebbi difficoltà a riconoscere nel volto di quel giovane che mi stava di fronte, il volto del ragazzino che avevo lasciato dodici anni prima. Il tempo e le sofferenze l'avevano profondamente segnato e invecchiato. Il padre si presentò come un dignitoso, anche se poco convincente, uomo d'affari. Proclamò che del ragazzo si voleva occupare lui, che aveva capito molte cose e che non voleva che il figlio dovesse soffrire più.

Corrado mi guardava sorridendo: ricordo quello sguardo pieno di riconoscenza, e di sottomissione alle circostanze. Mi promise che avrebbe mantenuto la parola che mi aveva dato e che si sarebbe messo presto a lavorare: il padre, cosa strana, gli aveva trovato lui il lavoro. Confesso che ci rimasi male: non tanto perché vedevo andare in fumo tutto ciò che avevo tentato di fare, tutti i progetti che avevo maturato con tanta fatica, ma piuttosto perché non mi convinceva la situazione che si presentava così impensabile solo pochi giorni prima.

Passò del tempo, forse due anni, senza che sapessi più nulla di Corrado. Un giorno, inaspettatamente, ricevetti una sua visita: venne da me con una donnina, che mi presentò come sua moglie, e una bimbetta. Le parole che ricordo mi disse in quell'occasione furono: "Mi comporterò in modo degno di un padre, cosicché la mia bambina non abbia da soffrire quello che ho sofferto io". Mi rivolsi allora alla moglie, che mi fece buona impressione, raccomandandole di amare tanto suo marito, perché aveva sofferto troppo nella vita e aveva quindi bisogno di essere ripagato, sostenuto dal suo affetto e dalla sua comprensione. Le dissi pure che avevo fiducia in lui, e che certamente si sarebbe comportato bene se avesse trovato in lei e nella figlia quell'amore di cui tanto aveva bisogno.

Purtroppo di Corrado non ho più saputo niente, ma qualche volta ho pensato fosse bene così: una volta purtroppo di lui avevo notizie, ma solo dai giornali.

Ringrazio il Signore perché mi ha aiutata in quest'opera d'amore, nel seguire questo ragazzo nei periodi più oscuri della sua vita, e sono certa che Egli ha ascoltato le mie preghiere e che l'ha accompagnato lungo il cammino della sua esistenza, portandolo ad una maggior presa di coscienza delle proprie responsabilità e ad una serenità che tanto ho desiderato per lui.





FINE



http://www.see.it/letture/carcere/fine.html

orcomansueto
00venerdì 18 novembre 2005 12:24


Ai maestri
che, come me, incontrano
ragazzi "difficili".

Mariangela Vinci



[SM=g27998]

GocciaDiParadiso
00sabato 19 novembre 2005 01:36


CARO ALESSANDRO



ho letto e poi ho riletto ancora le lettere da te postate.
Non ho parole...... che esprimano bene il sentimento che si prova leggendo quelle lettere...

A te un abbraccio x la tua delicata sensibilità


mamy orgogliosa del suo bimbo




danzandosottolaluna
00lunedì 21 novembre 2005 07:54
Re:

Scritto da: orcomansueto 18/11/2005 12.24


Ai maestri
che, come me, incontrano
ragazzi "difficili".

Mariangela Vinci



[SM=g27998]




Credo... non solo ai maestri, ma a tutti, soprattutto adulti, vero?

grazie [SM=g27998] [SM=g28003]





[Modificato da danzandosottolaluna 21/11/2005 7.55]

danzandosottolaluna
00giovedì 24 novembre 2005 20:03


Riletto tutto...
quanto c'è da imparare! [SM=g28003]



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