Ed ecco, cari Amici, un nuovo lavoretto.
Questo è uno dei carri armati che mi affascinano di più (dopo l'L3, mio vero e grande amore), l'M11/39.
Mi affascina perchè legato ancora, in parte, ad un concetto "vetusto" di carro armato, più vicino alla concezione dei carri armati della Prima Guerra Mondiale, quei carri che avevano ancora un non so che di epico, di cavalleresco, di pioneristico. L'M11 è infatti un mezzo figlio di criteri che erano già obsoleti nel momento in cui fu concepito. L'idea che stava alla base di questo mezzo era quella di carro "cannone", di carro di rottura, un veicolo che portasse la bocca da fuoco direttamente contro il nemico. Il carro vide la luce alla fine del 1938, quando ormai questa concezione era stata ampiamente superata e lo SME si dette da fare per rimediare in fretta a questa mancanza.
L'M11/39 infatti disponeva di un cannone da 37mm in casamatta, posizione che offriva di conseguenza un brandeggio limitato ed un settore di tiro ridotto, rispetto alla disposizione della bocca da fuoco in torretta, disposizione che ormai andava per la maggiore. La difesa ravvicinata del carro era affidata ad una coppia di Breda 8mm in torretta: praticamente il carro, costruttivamente, mostrava una struttura speculare rispetto ai carri di concezione coeva.
Furono prodotti solamente 100 esemplari di questo carro armato (un numero comunque non indifferente, viste le carenze che si evidenziarono già all'epoca, non solamente dal punto di vista dell'armameto).
Il kit che sto utilizzando è una delle ultimissime novità di G.B. Modelli, in scala 1/72.
Il carro è splendido, con un ottimo livello di dettaglio, realizzato in una resina di elevatà qualità. Molto semplice nel montaggio, sia per la logicità con cui sono scomposti gli assiemi, sia per la chiarezza delle istruzioni (fotografiche), risulta un poco più difficoltoso il distacco di alcuni pezzi dalle materozze. In modo particolare i cingoli (realizzati in due parti, superiore ed inferiore, presagomati, più un raccordo), sono piuttosto difficili da separare dalla materozza: questa operazione va svolta con la massima attenzione, perchè il rischio di spaccare i segmenti di cingolo è dietro l'angolo (come successo a me)...
A seguire alcune foto del modello montato e dipinto, con l'aggiunta del serbatio ausiliario, che era presente su molti di questi mezzi.
Il carro è stato dipinto secondo uno schema riscontrabile molto di frequente sui carri impiegati in Nord Africa. La mimetica si ispirava chiaramente a quelle adottate dai carri britannici che combatterono nello stesso teatro e ricalca, in parte, le mimetiche "a schegge" dei carri della Prima Guerra Mondiale. A lungo si è discusso sui colori impiegati per questa mimetica. Indubbiamente il colore di base è un giallo sabbia, così come documentato anche da analisi effettuate dalle autorità britanniche su un esemplare catturato. Sulla base giallo sabbia venivano stesi, con ogni probabilità, altri due colori, un verde (quello utilizzato per la colorazione dei carri) ed un non meglio definito "grigio medio". Coem dicevo poc'anzi si è a lungo discusso tra appassionati su questo colore, dando le interpretazioni più disparate (provenienza Regia Marina, Regia Aeronautica, eccetera). Tra le ipotesi che ho letto quella per me più plausibile, e suggeritami anche dall'amico Alberto, grande conoscitore di italici carri, è quella di un color grigio ottenuto mescolando il giallo di base con il verde, sino ad ottenere una tintura grigiastra. Per la realizzazione del mio carro mi sono dunque attenuto a questa "ricetta", seguendo gli schemi presenti sui carri visibili nelle fotografi dell'epoca. I colori utilizzati sono i Lifecolor presenti nel set dedicato alle uniformi italiane della Seconda Guerra Mondiale.
Il serbatoio ausiliario invece è stato dipinto con un color cachi della Vallejo.
Completano il mezzo decals atte a riprodurre il tricolore che portavano sul retro della torretta i carri della cosideta "Colonna Maletti" ed i distintivi di Compagnia.
Il carro ha subito poi un invecchiamento con colori ad olio ed un impolveramento con i gessetti. Non ho esagerato con i segni di usura legati a fenomeni di ossidazione o scrostatura, perchè la vita operativa di questi carri era piuttosto breve.
Il mezzo è stato poi collocato in un ambiente arido, ma non completamente spoglio, come si rileva effettivamente dalla documentazione fotografica. Per spevvare un poco la monotonia del quadro ho collocato un tumulo di pietre con una croce ed un elmetto, dove dovrebbe riposare un caduto britannico. Il tumulo richiama l'attenzione del carrista che ho posto in torretta, abbigliato con la tuta blu dei carristi e, piccola licenza poetica, con un casco coloniale, utilizzato sì dalla Fanteria Carrista, ma in genere non indossato a bordo dei carri armati. I colori del tereno richiamano volutamente quelli del carro, pur non essendo gli stessi, a dimostrazione dell'efficacia che avevano questo tipo di mimetiche utilizzate nei primi periodi del conflitto in Nord Africa.