Saddam condannato a morte

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Claudio Cava
00domenica 5 novembre 2006 14:56

BAGHDAD - Al termine di un processo durato poco più di un anno, l'ex dittatore iracheno Saddam Hussein è stato oggi condannato a morte per crimini contro l'umanità. In piedi, e con il consueto tono di sfida, egli ha cercato di contrastare il giudice che annunciava la sentenza, scandendo ripetutamente ad alta voce "Allah Akbar" (Dio è grande), ma alla fine è stato costretto a lasciare l'aula, mentre il giudice completava la lettura del verdetto. Su otto imputati solo uno è stato prosciolto, un funzionario locale del partito Baath, mentre oltre a Saddam altri due sono stati condannati a morte: Barzan al Tikriti, suo fratellastro ed ex capo dei famigerati servizi segreti, e l'ex presidente del tribunale rivoluzionario Awad al Bander.

L'ex vice presidente Taha Yassin Ramadan è stato condannato all' ergastolo, mentre altri tre funzionari locali del Baath sono stati condannati a 15 anni di prigione. Per tutti l'accusa era di responsabilità a vario livello nella strage di 148 sciiti del villaggio di Dujail, compiuta, secondo quanto ha dimostrato l'accusa, per rappresaglia dopo un fallito attentato nel 1982 contro l'allora presidente Saddam Hussein.

Il giudice Abdul Rauf Rahman ha iniziato l'udienza, la numero 41 dall'avvio del procedimento il 19 ottobre dello scorso anno, chiamando gli imputati uno alla volta e leggendo loro la parte del verdetto che li riguardava. Particolarmente minaccioso è stato Ramadan, quando ha reagito affermando che il suo "destino non è nelle mani del tribunale, ma in quelle di Dio, e in quelle dei mujaheddin", vale a dire i combattenti nostalgici del deposto regime.

Barzan, che nel corso dell'intero procedimento ha tenuto un atteggiamento particolarmente burrascoso, oggi era invece apparentemente calmo e dopo avere appreso della sua condanna alla pena capitale si è limitato beffardamente ad esprimere i suoi "auguri e complimenti" al giudice. Meno calmo è stato invece Saddam: mentre il giudice iniziava la lettura, l'ex presidente, in piedi nella gabbia degli imputati, con un copia del Corano tra le mani, ha provato ad interromperlo proclamando ad alta voce "Allah Akbar", oppure "lunga vita all'Iraq e al popolo iracheno" e, rivolto ai giudici, "siete schiavi degli occupanti, siete traditori".

Nella zona dell'aula riservata ai giornalisti, alcuni hanno applaudito, quando il giudice ha pronunciato la sentenza, che però, in base alla legge irachena, per essere applicata deve ora essere confermata in un nuovo grado di giudizio. In caso di condanna alla pena capitale o all'ergastolo è previsto infatti che la richiesta di appello venga avanzata automaticamente e, nel caso di conferma, dopo la ratifica da parte del consiglio presidenziale formato dal capo dello Stato e dai suoi due vice presidenti, deve essere applicata entro 30 giorni.

L'emittente Tv di Stato al Iraqiya ha trasmesso come sempre le immagini dall'aula in differita di una ventina di minuti. Gli iracheni hanno appreso così con un leggero ritardo il verdetto. La prima reazione a Baghdad - dove da ieri era in vigore il coprifuoco - sono stati alcuni colpi di mortaio sparati contro il quartiere Adamiya a maggioranza sunnita. Nel grande sobborgo sciita di Sadr City, così come in altre zone della città, sono state udite continue raffiche di mitra esplose verso il cielo in segno di giubilo. A Tikrit, città natale di Saddam Hussein migliaia di persone sono invece scese in strada per denunciare come "traditori" i giudici del tribunale, e per chiedere vendetta contro gli abitanti di Dujail.

E mentre gli avvocati della difesa già affermano che la sentenza è "illegale" perché emessa da "un tribunale politico", il premier Nuri al Maliki ha affermato in una conferenza stampa che il verdetto "non rappresenta una condanna ad un individuo, ma bensì una condanna ad un intero periodo oscuro, che non ha uguali in tutta la storia".

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