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LA STAMPA
28 agosto 2006
Il baccanale di «Mastella city»
Fuochi, pizze e Bobby Solo
Il Guardasigilli si autocelebra per i suoi trent’anni in Parlamento
GRANDE FESTA DAVANTI ALLA POPOLAZIONE DEL COMUNE DI CUI IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA E’ PRIMO CITTADINO. BAMBINI IMBACUCCATI, VECCHI CON I CANI, GRIGLIATE, FRITTELLE E VINO ALLA SPINA

di Mattia Feltri


CEPPALONI. Alle sei della sera, qui già scende una lacrima sul viso. Lacrima di gioia, naturalmente. Bobby Solo, sul palco, prova gli accordi e accorda la chitarra per la serata del giubilo. «Non potevo mancare», dice chinandosi ed esprimendo tutto l'onore di cui si sente investito in una notte così. E' la notte di Clemente Mastella, che di Ceppaloni è il sindaco e il figliol prodigioso. Da queste parti, per merito suo oppure in sua celebrazione, si festeggia ormai con una cadenza bisettimanale. Ma è sempre come fosse la prima volta. Infatti manca un'ora abbondante all'inizio dei bagordi, la cui ragione risiede nei trent'anni di attività parlamentare del ministro della Giustizia, e già in piazza si sfoggiano le regimental di circostanza. E, aspettando che l'eroe ridiscenda dalla piccola frazione di San Giovanni, dove ha la famosa villa con piscina, la gente del posto si sente in dovere di sciorinare per intero l'albero genealogico di famiglia, con l'esplicito obiettivo di dimostrare che si congiunge con quello mastelliano in più di un ramo. E del resto la cosa sembrerà plausibile per due motivi. Il primo: Ceppaloni è molto piccola, fa tremila e cinquecento abitanti, e paiono essere tutti qui, a sfidare il vento freddo. Il secondo: lady Sandra Mastella, che arriva anticipando di una mezz'ora il marito, impegna il tempo a disposizione per salutare questo e quello, per baciare quella e quell'altra, e nel casino bacia pure il cronista, e naturalmente chiama tutti per nome, come vuole l'antica mitologia della politica di provincia meridionale.

Alle diciannove - e l'avvio del baccanale era stato fissato per le 18,30 - l'adunata è già portentosa. Ci sono anche i bambini imbacuccati, gli adolescenti coi loro vestiti sgargianti, i vecchi coi cani, come se Mastella, oltre che l'orgoglio del Sannio, fosse davvero il parente che ce l'ha fatta, e addirittura un'attrazione, come quando si impianta la giostra. I banchetti sono pronti, quelli per la carne grigliata, per le salsicce, per le frittelle, il vino alla spina, la frutta. Bobby Solo si esercita sulle note di Elvis Presley. Il comitato organizzatore, presieduto da Fausto Pepe, sindaco di Benevento, aveva annunciato un po' pomposamente «uno spettacolo in ogni piazza», come se non dovesse esserci cantone del paese escluso dalla festa, e nessun cantone del paese precluso alla vista del visitatore.

Qui infatti sono molto orgogliosi quando si notano le strade linde - non un mozzicone è sul selciato - e la perfezione con cui sono stati posati e vengono conservati il porfido e l'acciottolato. «E guardate le facciate delle case, so' dipinte e so' pulite. Non ce ne stanno co' l'intonaco ebbasta», dicono indicando non soltanto i palazzi della piazza, ma pure le villette delle colline attorno. «'Na piccola Svizzera», osa uno con la domanda pronta: «E sa di chi è il merito? Lo sa?».

Come no. Siamo qui apposta. Però, ecco, quella storia dello spettacolo in ogni piazza. Le piazze alla fine sono due. Una, quella principale con attorno le cucine da campo che arrostiscono e friggono, e l'altra, attigua, che è poi il cortile del comune. Sul palco grande, dopo Mastella, toccherà a Bobby Solo, felice di dichiararsi «amico ed estimatore ventennale del ministro». Sul palco più piccolo si alterneranno gli artisti del San Carlo di Napoli e un gruppo folk, con in repertorio il meglio della tammurriata napoletana, che ha un nome sintomatico: «Tammurra Rave Party». L'idea di un rave a Ceppaloni resterà, naturalmente, soltanto un'idea, ma il sugo della serata è proprio questo, la tammurriata insieme col rave, le istituzioni e il panino con la braciola, l'assessore regionale e il cugino in seconda, la zia con lo scialle e tutta una teoria di graduati in divisa.

Con il ritardo indispensabile a moltiplicare l'ansia, Mastella è infine arrivato alle 19,30, e da fuoriclasse del consenso si è consegnato alle telecamere, senza distinguere fra quelle dei tigì nazionali e quelle delle tv locali. Poi, gigione oltre ogni misura, forse perché colto dalla disinvoltura di chi gioca in casa, si è presentato davanti al popolo per riassumere, in circa tre quarti d'ora, il senso di trent'anni in Parlamento. Invece che l'autobiografia di Mastella, sembrava l'agiografia di un Churchill. Si sa, certe volte è giusto esagerare. Specialmente se la platea vuole che si esageri per godere fino in fondo del momento. E allora Mastella ha raccontato di quando sfidò Aldo Moro, di quanto Moro stesso lo stimasse, di quanto Fanfani lo avesse temuto, di quanto Craxi lo avesse ammirato, di quanto De Mita lo avesse sofferto dopo averlo lanciato. «Insomma, ho fatto trenta. Per la lode, ne riparleremo». Ma non importa. E poi forse c'è anche la lode, visto che gli altri oratori (deputati, assessori, esponenti vari dell'Udeur in Italia) lo chiamano «grande uomo» e seppelliscono l'orgoglio virile spendendo per lui il verbo «amare». L'intensità e il numero degli applausi lo si può immaginare. Lui chiude coi giornalisti dando la solita, gigantesca prova di moroteismo mastelliano a proposito di Finanziaria: «E' giusto partire con la rigidità, ma guai se finisci con la stessa rigidità». Dopo questa, i fuochi d'artificio.





INES TABUSSO